Trevi nel Lazio

Comuni

Provincia di Frosinone, abitanti 1.852, superficie Kmq 54,44, altitudine m. 821

Abitanti: Trebani

Festa patronale: San Pietro Eremita

Frazioni e Località: Altipiani di Arcinazzo, Cimetta

Comuni limitrofi: Filettino, Guarcino, Fiuggi, Piglio, Arcinazzo Romano, Jenne, Vallepietra.

Distanza da Frosinone Km. 43

Autostrada: A1 Colleferro.

La Storia

Trevi deriva il suo nome dal termine treba (trivio) per la sua posizione su tre importanti vie di comunicazione; la seconda parte è stata aggiunta dopo l’unificazione nazionale.

Gli equi popolarono questa terra fin dall’epoca arcaica. Furono poi sottomessi dai romani che utilizzarono il territorio per l’allevamento ch’e divenne intensissimo nell’ager trebensis, rimasto sempre sotto la diretta giurisdizione imperiale, donde il nome di Treàa Augusra, città di cui restano numerose vestigia: alcuni templi, di cui rimangono resti dei podii, una cinta muraria, riutilizzata nel Medioevo, l’antico sistema fognario, diverse fondamenta di ville rustiche e l’arco di Trevi (posto al confine fra i territori degli equi e degli ernici).

Con le invasioni barbariche questa zona, lontana dalle strade principali e protetta dai monti, fu intensamente abitata. Passato questo periodo, la popolazione scese a valle con conseguente abbandono delle fiorenti attività locali: nel 1060 scomparve anche la diocesi trebana che venne annessa a quella anagnina.

Nel secolo Xl la comunità trebana, una universitas partecipata da diversi condomini, dovette difendersi anche dall’ingerenza dei monaci di Subiaco che si stavano espandendo verso l’altopiano arcinate e miravano a porre sotto controllo la città di Trevi. Il progetto riuscì dopo lungo tempo; prima Trevi fu sottoposta alla signoria dei de Comitibus (Conti di Segni) e poi ai Caetani, ma il persistente malgoverno feudale ne determinò la cacciata nel 1471. Tuttavia Trevi divenne feudo sublacense, rimanendo totalmente soggetto agli abati a partire dal 1638. Il governo commendatariale non fu dissimile dai prece denti, ma i trebani dovettero trovare un modus vivendi con esso dato che qualche volta presero le difese anche del monastero sublacense. La comunità non fu mai prospera poiché la maggior parte della popolazione, anche a causa dell’allevamento transumante, era costretta ad emigrare stagionalmente verso le pianure pontine e romane.

Alla metà del Settecento, cessato il governo abbaziale, Trevi rimase soggetta direttamente al governo pontificio e visse con una certa partecipazione le vicende politiche dell’occupazione francese e, in seguito, dell’unificazione nazionale.

Durante la seconda guerra mondiale, malgrado la posizione appartata, fu coinvolta in alcune vicende belliche fra le quali un imponente rastrellamento tedesco che sequestrò l’intera popolazione e i numerosi sfollati. Durante gli anni del dopoguerra il paese ha vissuto un profondo tracollo demografico a causa dell’abbandono di molti abitanti in cerca di lavoro. A partire dagli anni Settanta, lo sviluppo turistico degli Altipiani di Arcinazzo e della stazione termale della sorgente Suria ha creato molti posti di lavoro, diminuendo così notevolmente il bisogno di emigrare.

Trevi sorge al centro di un’ampia vallata dei monti Cantari, in cui scorre il fiume Aniene, oggi sbarrato da una diga che forma un lago artificiale per la produzione di energia elettrica.

Il paese è composto da tre zone: l’antico abitato arroccato sul colle la Civita, una cinquecentesca detta “in mezzo alla terra”, una terza fuori le mura rinascimentali, sviluppatasi in epoca recente. Ai confini comunali è l’area turistica degli Altipiani.

Una piccola strada “Mezzo la terra” separa il paese antico sull’alto colle dalla parte sviluppatasi in epoca recente.

L’intero abitato conserva un assetto che potrebbe definirsi romano in quanto sono riconoscibili il cardo e il decumano maggiori. L’area sommitale è caratterizzata dall’imponente Castello Caetani. Attorno al nucleo abitato sorge ancora la cinta muraria romana sovrastata da quella medioevale con diverse torri, quadrate e circolari, e qualche varco, oggi allargato. Ci sono stati molti interventi di ammodernamento, fra cui una pavimentazione dei primi anni del XX secolo che sostituisce quella ottocentesca a sampietrini di calcare.

La zona di scollinamento è formata da abitazioni quattro-cinquecentesche, fortemente rimaneggiate. Il centro storico presenta anche qualche palazzo del Sei-Settecento e termina a Porta Napoletana, detta in passato Porta Maior, attraversata dalla via Maior, che congiungeva la rocca con la città romana, adagiata sulla riva destra del fiume Aniene, ove, alla confluenza col rio Suria sorgeva la cattedrale, dedicata a San Teodoro.

Oltre al Castello Caetani, del XII-XIII secolo, illustrano la città di Trevi altri insigni monumenti. La Cattedrale di San Teodoro, di cui restano documenti archeologici: sorgeva nella zona dei “vescovado” presso l’omonimo ponte di San Teodoro e fu il cuore della città romano medioevale. Nel 1299 vi sostò papa Bonifacio VIII, ospite del nipote Pietro, signore del castello. Importanti furono le ambascerie, ricevute dal pontefice nel mese di settembre di quell’anno, tra cui quella di Edoardo I d’Inghilterra in guerra con Filippo il Bello.

La Collegiata di Santa Maria a due piani a tre navate, con torre campanaria d’epoca gotico-rinascimentale, della quale si a menzione già nel secolo XIII. Col rientro della popolazione entro le mura, la chiesa fu ampliata nel XV secolo, quindi nel XVII secolo col materiale estratto in parte dall’antica cattedrale romanica. Di notevole interesse nell’aula superiore abside barocco con ciborio policromo, monumentale organo secentesco opera del Bonifazi (1633-34), armadi lignei, aimboni e tele del XVII-XVIII secolo. Nella cripta o chiesa inferiore, detta anche di San Pietro, si venerano i resti mortali del patrono, canonizzato in loco nel 1215 sotto ) papa Innocenzo III. Affreschi e fregi d‘arte sono del XVII secolo.

L‘Oratorio di San Pietro Eremita con volta botte sorse nel 1685 sul tugurio, ove – secondo attendibili studi moderni — nel 1152 morì il giovane eremita Pietro di Rocca di Botte, eletto patrono in luogo di San Biagio. La chiesa, caduta in abbandono, è stata restaurata neI 1971 dalla famiglia Zinanrn con originale decorazione dell’interno e affreschi del pittore Edmondo Campana. Nel vano dell’abside campeggia un gruppo marmoreo di scuola berniniana-michelangiolesca, raffigurante il Santo morente e un angelo, che gli addita la via del cielo, soggetto analogo all’estasi di Santa Teresa in Roma. La Cappella della Madonna del Riposo, distante un miglio dal centro storico, fu eretta nel 1483 sotto Sisto IV a onore della Vergine “che li ha liberati del morbo e dalle mani dello duca de Calabria e de suoi seguaci christiani et turchi infidelli”. L’architettura a volta gotica racchiude una preesistente icona della Vergine col Bambino, pregiata opera di scuola umbro-senese. Gli affreschi sono del pittore Pietro (Petrus pinxit). Attigua è la Cappella di San Sebastiano, costruita nel 1486 contro la peste. Il pittore Desiderio di Subiaco vi sviluppa una tematica di vasta iconografia, dando rilievo al costume rinascimentale.

Il Monastero femminile benedettino, fiorente nei secoli XIII e XIV è uno dei dodici esistenti nella terra di Trevi e nella valle dell’Aniene, ove (Subiaco non esisteva ancora come comunità autonoma) nel secolo VI trovò rifugio lo stesso San Benedetto, attratto dall’asperità e dall’amenità del luogo.

La festa patronale è in onore di San Pietro Eremita, nato a Rocca di Botte (L’Aquila) e morto a Trevi. Per l’occasione i “compari” conterranei del santo vengono a venerare le reliquie dell’illustre concittadino, mentre nell’ottava il popolo di Trevi ricambia l’amichevole visita in un’atmosfera di comune gioia e fraternità e in osservanza a una tradizione, che affonda le radici nel secolo XII ai tempi cioè di Innocenzo III.

Caratteristiche anche le feste di Sant’Antonio abate (gennaio) e di Sant’Antonio di Padova (giugno), oltre a quella della Madonna di Loreto (dicembre).