La sua Storia
La Sua Storia
“Nel principio poscia del secolo XII, circa l’anno 1124, seu 1126, da Pandolfo figlio di Landone Conte di Aquino per gelosia de confini provenuta dalle sopracennate divisioni ed occupazioni del detto Monastero Cassinese si fabricò il Castello di Tirella su la parte orientale del Monte Cajra per custodia dei confini da detti Cassinesi ed Atinati, con introdurvi i Coloni, così nominato dal nome della vicina selva, che è il terzo Castello, che tutt’ora rimane nel suo tenimento”. Con tali pittoresche espressioni leggiamo della nascita di Terelle, nell’anonimo “Ragguaglio dello stato passato e presente dell’Antica Città di Aquino e suo Contado” riportato da Rocco Bonanni nella sua Monografia Storica. Peraltro la notazione é ripresa da Leone Marsicano e dall’Anonimo Cassinese e trova sostanziale riscontro in altre fonti storiche più certe, salvo qualche precisazione di dati.
Il natale di Terelle, secondo fonti più attendibili, è da fissare nell’anno 1117, quando Lando dei Conti d’Aquino, figlio di Landone, cominciò a costruire una rocca, nei pressi della selva chiamata Tyrella, sulla costa orientale di Monte Cairo. Tale iniziativa dei Conti di Aquino traeva motivo dalle loro rivalità con gli Abati di Montecassino, poiché il territorio di Tyrella era al confine tra la Terra di San Benedetto e i possedimenti dei predetti Conti.
Agli inizi del XII secolo, la Penisola era travagliata da un periodo di anarchia, che precedette la formazione del Regno Normanno. Ne approfittarono i vari signori locali per darsi a usurpazioni, ribellioni, violenza. In questo clima di anarchia, Montecassino si trovò a subire alcune azioni di rivendicazione e aggressione, come accadde con San Germano (Cassino), con Sant’Angelo in Theodice e San Vittore, con Aquino. Gli abitanti di San Germano, nel 1115, si ribellarono contro il potere abbaziale e occuparono la Rocca Janula, per cui l’abate Gerardo, respinto l’assalto, fortificò la Rocca costruendovi la possente Torre pentagonale, che ancor oggi si può ammirare nei suoi resti e nell’ultimo restauro giubilare. Nel 1123 insorsero gli abitanti di Sant’Angelo in Theodice insieme a quelli di San Vittore, insofferenti del dominio di Montecassino. Furono però domati dall’abate Oderisio Il di Sangro. I Conti di Aquino, dal canto loro, approfittando del generale stato di anarchia e delle discordie interne all’Abbazia benedettina, incominciarono a recare molestie alla Terra di San Benedetto, impossessandosi spesso dei raccolti e degli armenti, nella zona di confine, fino a quando, nel 1117, per meglio operare nelle loro scorrerie e depredazioni, presero ad edificare la Rocca di Tyrella, intenimento dell’Abbazia, poiché quella selva e l’intero territorio intorno facevano parte della donazione fatta dal Duca di Benevento, Gisulfo, al Monastero di San Benedetto. L’Abate di Montecassino, pertanto, si risentì contro i Conti di Aquino, che avevano osato tanta provocazione con la costruzione di quella torre. Così il predetto Abate, Gerardo, inviò il Cancelliere di Santa Romana Chiesa, il monaco Giovanni, che si trovava allora a Montecassino, dal Conte Lando, minacciando sul suo capo la scomunica papale, se non avesse smesso di costruire quella rocca. Lando obbedì. Ma la costruzione fu ripresa dal figlio Pandolfo, dieci anni più tardi. Montecassino, per ottenere ancora una volta la sospensione della fabbrica, ricorse a papa Onorio, il quale scomunicò Pandolfo. Questi non diede gran peso alla scomunica e continuò ad edificare il piccolo Castello di Tyrella, fornendolo anche di una guarnigione. Allora l’abate Nicola volle contrastare l’azione di forza dei Conti di Aquino, costruendo un’altra rocca, di fronte e contro il Castello di Tyrella, sul Monte Timmaro. Ma subito dopo il conte Pandolfo, approfittando del fatto che l’abate Nicola era caduto nella scomunica ed era stato deposto dal seggio abbaziale, distrusse la rocca benedettina del Timmaro. Nel 1137, anche il primitivo Castello di Tyrella fu distrutto e incendiato dall’imperatore Lotario III. Lotario era venuto in Italia, chiamato da Innocenzo II e, insieme allo stesso papa, si recò a Montecassino, con cui si riconciliò. Ne approfittò l’abate cassinese Guibaldo, per richiedere all’Imperatore la distruzione del Castello di Tyrella, che tanta preoccupazione dava all’Abbazia, distante solo qualche chilometro. Così l’abate Tosti narra il fatto: “Quel castello di Tyrella, levato ai danni della Badia da Landolfo, figliolo di Landone, conte di Aquino, lo noiava non poco. L’Abate pregò l’Augusto che gli togliesse quella molestia, e questi immantinente ordinò a Brunone, maestro di campo, acciocché tolto seco un buon nerbo di soldati col ferro e col fuoco abbattesse l’odiato castello. Così fu fatto”. Dopo tale e tanta distruzione, gli abitanti superstiti si radunarono nei dipressi, ove approntarono delle tende di emergenza. Il luogo ancora oggi conserva il toponimo “Le Tende”. Indi quei superstiti, scacciati da quella specie di accampamento, perché ancora troppo prossimi a Montecassino, e perciò ancora pericolosi, si rifugiarono più a monte, in un sito di per sé protetto dalla natura sopraelevata e scoscesa di uno sperone montuoso, su cui costruirono una torre quadrata e intorno le prime abitazioni per soldati e civili: l’attuale Terelle. Al tempo delle ostilità tra Enrico VI e Tancredi, regnavano disordini e confusione nella Terra di San Benedetto, come in tutto il Mezzogiorno. Nel 1190 Enrico nominò castellano di Terelle Corrado Merlej, perché giocasse un ruolo di controllo sull’infido Roffredo dell’Isola, Abate di Montecassino. Accadde però che detto Abate, in lotta contro Ruggero della Foresta, castellano di Atina, si unì con il castellano di Terelle, anch’egli minacciato da Ruggero della Foresta, per cui poté assalire’ Sant’Angelo in Theodice, Castelnuovo Parano e altre terre intorno. Se, dunque, nel 1190, troviamo che l’imperatore Enrico IV nomina un castellano a guardia del Castello di Terelle e a lui chiede aiuto militare l’Abate di Montecassino, ciò significa che Terelle, a poco più di cinquant’anni dalla sua nascita, era già un munito presidio e uno sviluppato centro. Ma le situazioni, in questo periodo storico poco fortunato per il Mezzogiorno d’Italia e specialmente per la Terra di San Benedetto, erano fortemente precarie, instabili e momentanee, a seconda degli opportunismi, sicché, nel 1195, l’abate Roffredo, in azioni vendicative contro Aquino, assale e devasta Terelle, che comunque, finché era in piedi, costituiva una intollerante minaccia per Montecassino.
Nel 1199, il Castello di Terelle fu incendiato dalle truppe di Marqualdo, il quale combatteva contro il Papa, a favore dell’imperatore Enrico IV.
Nel 1229, nel territorio di Terelle, precisamente in località Castello, oggi detto Castellone, presso il Monastero di San Matteo Servorum Dei, avvenne un violento scontro tra i soldati di papa Gregorio IX, detti Chiavisignati, e l’esercito imperiale di Federico Il, comandato dal Gran Giustiziere Morra. Nello stesso anno, il territorio di Terelle subì i danni delle truppe saracene, che, tra l’altro, saccheggiarono il Monastero benedettino di San Matteo Servorum Dei.
Nel 1270, Terelle è cresciuta in costruzioni e in abitanti. Ha un castello con una torre principale di difesa e quattro torri laterali, secondo la rosa dei venti, per l’avvistamento e per le comunicazioni strategiche.
Nel 1400 Terelle comprendeva anche il territorio di Belmonte Castello. Successivamente quest’ultimo si distaccò da Terelle, per fare comune a sé, sulla linea di demarcazione segnata da Rio Secco. Successivi rimaneggiamenti spostarono i confini di Belmonte più a monte, occupando una zona pedemontana di Cairo.
Dal 1487, Terelle passò sotto il dominio del Regno di Napoli, tenuto allora dagli Aragonesi e più precisamente da re Ferrante. Perciò cominciò ad essere amministrata da un governatore regio.
Nel 1583 il conte Giacomo Boncompagni acquistò, insieme alle altre terre che costituirono la sua contea, anche Terelle da Alfonso d’Avalos.
Rocco Bonanni ricorda due terremoti particolarmente disastrosi che sconvolsero Terelle, nel 1456, insieme ad altre terre di Ciociaria, uno il giorno cinque dicembre, alle ore undici di notte, l’altro il giorno trenta dello stesso mese, alle ore quattro di pomeriggio. Scrive Luigi Tosti che “quel fortissimo terremoto era venuto per disertare il Reame di Napoli.., quel forte scuotersi della terra fu sentito per molti giorni”.
Già nel 1349 Terelle era stata distrutta dal terremoto.
Il brigantaggio del XVIII e XIX secolo interessò Terelle per la natura particolare del territorio rupestre e anfrattuoso del Monte Cairo, favorevole ai nascondimenti e ai rifugi. Fu in ogni caso assecondato e perfino fomentato dai Borboni di Napoli, nell’intento di mantenere il potere e conservare la corona. Alla fine del XVIII secolo Ferdinando IV di Napoli, per resistere alla discesa dei Francesi di Napoleone, organizzò un numeroso esercito che dispose lungo la linea di confine con lo Stato Pontificio, tangente il Liri, tra Cassino, Arce, Arpino, Sora. Il re prese alloggio su Montecassino, da cui dirigeva le operazioni difensive. Nel 1799 i Francesi scesero in Italia, occupando Roma e poi Napoli, dove proclamarono la Repubblica Partenopea. Ferdinando IV, intanto, si era mosso da Montecassino, col suo esercito di sessantamila uomini, contro i Francesi. Si era rifugiato a Palazzo Farnese a Roma, ma, sistematicamente sconfitto, dovette ancora fuggire. I capimassa Fra Diavolo, Sciabolone, Salomone, Pronio, sostenendo una accanita guerriglia contro i Francesi, tentavano di restaurare il governo borbonico. Terelle restò indenne dalla furiosa ritirata dei Francesi, che costò vittime, trucidate tra Cassino, Arce, Isola del Liri, Casamari. Il brigantaggio, intanto, si colorava anche di vera e propria delinquenza comune, come nel caso di Pietro Guglielmi, Angelo Ricci detto il Moliterno, Gaetano Mammone. Tra tutti si distinse Fra Diavolo, con eroiche gesta, in difesa dei Borboni. Egli agiva di sorpresa, prediligendo i luoghi impervi e le sortite repentine. Tra i luoghi da lui frequentati c’è anche Terelle, dove fu indotto a compiere azioni punitive, perché quei cittadini, insieme a Piedimonte, Belmonte Castello, Capriati al Volturno, si mostrarono favorevoli ai Francesi. Il brigante-soldato ripassò per Terelle, nel mese di ottobre del 1806, inseguito dalle truppe francesi, prima di essere tradito, catturato e giustiziato.
Altra recrudescenza del brigantaggio, nel Mezzogiorno, si ebbe negli anni di passaggio dal governo borbonico del Regno di Napoli al governo dell’Italia unitaria di Vittorio Emanuele Il, negli anni seguenti il 1860. Ancora una volta il brigantaggio è a sostegno dei Borboni e riporta i nomi di Luigi Alonzi, Chiavone, Fuoco, Guerra, Pace, Cedrone, Andreozzi, Colamatteo. Chiavone nel 1863, tra le sue scorribande predatorie, visitò tristemente anche Terelle.