Settefrati

Comuni

Provincia di Frosinone, abitanti 899, superficie Kmq 50,34, altitudine m. 784

Abitanti: Settefratesi

Festa patronale: Maria SS. di Canneto

Frazioni e LocalitàRifugio Acqua nera, Le Caselle, Pietrafitta.

Comuni limitrofi: Picinisco, Gallinaro, San Donato Valcomino.

Distanza da Frosinone Km. 59

Autostrada: A1 Ceprano – Cassino.

La Storia

Santuario della Madonna di Canneto

Anche se resti archeologici sono stati trovati in diversi punti del territorio settefratese, risalenti per lo più all’epoca romana e provenienti da un tempio, da tombe e da una villa in località Casa Firma, l’origine del centro va fatta risalire alla presenza di una chiesa altomedioevale dedicata a sette fratelli, figli di Santa Felicita. Il nome dell’abitato compare per la prima volta nell’anno 991, quando è menzionato in un documento cassinese. Sul piano politico il castello risultava legato alla signoria cominese di Atina-Alvito e alla contea sorana, mentre sul piano religioso prima ai benedettini di San Vincenzo al Volturno e poi ai cassinesi. Questa presenza benedettina era dovuta alla fondazione di diverse chiese e piccoli monasteri che si trovavano sparsi nelle campagne: nel territorio di Settefrati, oltre alla Chiesa — già monastero — di Santa Maria di Canneto, sorgevano i piccoli cenobi di Santa Croce e San Paolo.
Nel cenobio benedettino un monaco di origine settefratese, Alberico, lasciò una celebre visione dell’aldilà, conservata in un manoscritto cassinese, da qualcuno ritenuta antesignana di quella dantesca. Settefrati fu soggetta ai d’Aquino, ai Cantelmo, ai Navarro, ai Gallio, per menzionare alcune delle principali famiglie di signori, per tornare, a fine Settecento, sotto la diretta giurisdizione regia. Il paese è descritto in un’opera letteraria del Cinquecento; la “Descritione d’Alvito et suo Contato” di Giulio Prudentio e da una formella della Villa La Gallia di Posta Fibreno: appare come un piccolo centro dominato da un’alta torre e da una fortificazione.

Nel corso del Cinquecento fu attaccato, saccheggiato e incendiato da una banda di briganti guidata da Marco Sciarra. Alla fine del Settecento i settefratesi parteciparono in gran numero alle rivolte antigiacobine e contribuirono alla conquista dell’Isola del Liri guidati da un loro capomassa.

Negli ultimi decenni del XVIII secolo e alla metà dell’Ottocento si tentò di utilizzare le miniere di ferro presenti nella valle di Canneto e per questo si costruì una ferriera, ma ambedue le volte l’esperimento dette risultati poco utili.

I grandi avvenimenti dell’Ottocento non coinvolsero la vita dei settefratesi. Soltanto il brigantaggio postunitario fu particolarmente sentito con l’adesione sentimentale alla causa dei Borbone. I briganti però colpirono anche l’indifesa popolazione: Settefrati è uno dei centri devastati dal brigante Centrillo che trovava il suo rifugio sicuro nella valle di Canneto, punto strategico posto in zona selvosa, sotto aspre giogaie e al confine fra diverse regioni.

Dopo l’unità d’Italia ci furono profonde trasformazioni con l’allargamento di piazze e strade, l’edificazione di nuove abitazioni e palazzi, la creazione di nuovi servizi.

Danni furono apportati dal terremoto del 1915 e di vastissima portata fu l’emigrazione che ha letteralmente spopolato il paese inducendo i settefratesi a dirigersi verso molti paesi stranieri.

Settefrati si è trovato nelle retrovie del fronte di Cassino ed è stato colpito più volte dalle artiglierie alleate. Venne liberato dalle truppe italiane del Corpo italiano di Liberazione che scacciarono i tedeschi da tutte le Mainarde.

Nel dopoguerra il tracollo demografico è continuato fino al dimezzamento della popolazione che non ha dato segni di ripresa in questi ultimi anni.

Il silenzioso centro storico di Settefrati, molto danneggiato dal terremoto del 1984, sorge sopra un costone addossato al monte e si presenta con la tipica pianta circolare degli insediamenti medioevali. La sommità è caratterizzata oltre che dai resti di una torre, mozzata per i danni provocati dal terremoto del 1915 e a seguito della seconda guerra mondiale, dalla chiesa principale del piccolo centro. Nel retro di questi edifici sorge una vasta spianata da cui si può godere un superbo panorama sulla valle cominese. A est, digradando a gironi, sorge il caratteristico borgo e ancora si possono riconoscere alcuni avanzi della cerchia muraria e di qualche porta.

Il centro di Settefrati è la moderna piazza del paese con una bella e semplice fontana posta al centro; qui si eleva il Palazzo comunale al cui fianco sorge una bella scalinata che termina avanti un grandioso tiglio assurto a simbolo del piccolo centro montano.

Di fronte c’è la Parrocchiale, fortemente danneggiata dal terremoto, con facciata e interno tardobarocchi e con opere decorative e d’arte dell’Ottocento e del Novecento.

Il centro urbano è caratterizzato da diverse costruzioni in pietra locale e si conservano interessanti decorazioni lapidee: un combattimento fra toro e cinghiale, rosette, figure femminili, una scacchiera per il gioco del “filetto”: si è pensato a una loro possibile origine romana e al reimpiego dei blocchi lapidei come materiale di costruzione e di decorazione.

Una chiesa molto interessante sorge fuori del paese: Santa Maria delle Grazie. L’esterno appare come un edificio quattrocentesco per il vasto pronao; vi sono affreschi attribuiti a Marco di Sangermano: sulla facciata interna vi è un affresco di sapore popolaresco ispirato alla Visione del monaco AIberico; l’interno a tre navate è barocco con un soffitto ligneo decorato e si notano altri affreschi e pitture.

Il paese è stato quasi del tutto spopolato dall’emigrazione; attualmente solo la frazione di Pietrafitta, posta più a valle, è in espansione mentre l’antico centro storico è in netto declino. Cessate le attività tradizionali: agricoltura, pastorizia, taglio dei boschi, produzione di carbone, sul luogo permane un’agricoltura di sussistenza e qualche marginale attività; diversi operai lavorano fuori del comune, alla Fiat di Cassino e nelle imprese sorte nell’agro atinate. Il paese sembra aver perso la sua vitalità che si manifesta solo con la grande festa estiva della Madonna di Canneto, quando il centro storico torna a vivere intensamente ed è il punto di riferimento dei settefratesi emigrati e rimasti.

La valle e il Santuario di Canneto

La valle di Canneto appartiene intera mente al Parco nazionale d’Abruzzo ed è conosciuta per la sua bellezza naturalistica: appare come una grande conca circondata da alti monti fra cui si distinguono il massiccio della Meta, il più alto, e il gruppo cosiddetto della Camosciara. Una valle contraddistinta dal verde intenso dei suoi boschi, dal ricchissimo concerto delle acque, dalle aspre giogaie e dalla fauna fra cui spiccano il lupo appenninico, l’orso marsicano, il camoscio e altre specie minori.

Verso il centro della valle è posta l’ampia sorgente del Melfa, oggi incanalata e fuoriuscente da un laghetto: si tratta di copiose e freddissime acque entro cui brillano pagliuzze di mica e rame, le “stellucce della Madonna” come vengono chiamate dai pellegrini. Le acque sono incanalate e servono a produrre energia elettrica e ormai è quasi del tutto tramontato l’uso irriguo.

Uno degli aspetti nascosti della valle è che sin dall’antichità era frequentata sia per l’estrazione del ferro che per il culto della dea Mefiti il cui tempio sorgeva vicino alle copiose sorgenti del Melfa. Qui sono stati trovati resti del tempio e di una stipe votiva i cui materiali risalgono al III – II secolo a.C.

Il culto pagano è stato sostituito nel Medioevo da quello alla Madonna appunto denominata di Canneto a cui vengono tributati grandiosi festeggiamenti.

Nel mese di agosto si svolge infatti in onore della Madonna la sagra delle “quattro regioni” a cui partecipano sia i settefratesi che i pellegrini provenienti dalle tre regioni contermini: Abruzzo, Lazio e Molise.