Serrone

Comuni

Provincia di Frosinone, abitanti 2.863, superficie Kmq 15,73, altitudine m. 750

Abitanti: Serronesi

Festa patronale: San Michele

Frazioni e LocalitàLa Forma, San Quirico.

Comuni limitrofi: Piglio, Paliano, Olevano Romano, Roiano, Arcinazzo.

Distanza da Frosinone Km. 42

Autostrada: A1 Colleferro.

La Storia

Serrone è un antico nome che richiama terreni scoscesi e non coltivati. Le origini del paese non sono note e si fanno risalire all’antichità preromana, ma solo dal periodo romano si hanno resti di edifici antichi, con ogni probabilità ville rustiche.

Negli anni della decadenza dell’impero la popolazione ancora abitava le parti più basse del territorio serronese: di questo periodo si sono trovate anche testimonianze di una comunità cristiana che si radunava attorno alla Chiesa di San Quirico, oggi una popolosa contrada rurale. A partire dai secoli dell’alto Medioevo la popolazione progressivamente risalì le pendici del monte Scalambra, dando vita a un nucleo abitato e fortificato attorno a un castello posto a metà costa. Verso la sommità venne eretta una chiesa dedicata a San Michele Arcangelo, oggi chiamata Sant’Angelo, forse proprietà dei benedettini sublacensi che, già intorno al X secolo, possedevano diverse chiese e beni: la più antica menzione di Serrone è in fatti registrata in documenti sublacensi. Questi monaci incrementarono i loro possedimenti verso il 1085 per la cospicua donazione di Trasmondo di Amato. Questo atto ha fatto pensare che il castello appartenesse alla giurisdizione abbaziale di Subiaco. In realtà, dopo un periodo in cui Serrone appartenne a una consorteria, per quasi tutto il Medioevo fu una delle castellanie della Chiesa romana, che aveva creato un polo a carattere militare con i castelli di Paliano e Serrone, ambedue strettamente collegati. Sotto la giurisdizione della Chiesa, gli abitanti ottennero uno statuto, uno dei più antichi del Lazio meridionale. Cambiata strategia la Chiesa consentì che il castello fosse sottoposto ad alcune famiglie feudali quali i Conti, i de Antiochia e i Colonna. Con quest’ultimi il paese visse alcuni brutti episodi come l’attacco delle forze papali durante la guerra di Campagna: nell’anno 1556 il paese fu incendiato e gli abitanti dovettero fuggire.

Nei secoli seguenti la comunità serronese, ricostruito l’abitato, prosperò mettendo a coltivazione l’intero territorio, strappando terreni anche allo Scalambra e visse passivamente le vicende più grandi. Dopo l’unificazione si segnalano lenti progressi nel settore dei servizi e, soprattutto, la grande emigrazione verso Roma e i paesi stranieri. Con la costruzione di una linea ferroviaria a scartamento ridotto, avvenuta durante gli anni della prima guerra mondiale, Serrone e i paesi ernici furono più strettamente collegati con la capitale e con Frosinone. All’occupazione tedesca, durante la seconda guerra mondiale, la popolazione reagì con la formazione di un gruppo partigiano. Nel dopoguerra la grande emigrazione riprese, cominciò il lavoro pendolare verso Roma e cominciò la trasformazione dell’agricoltura, particolarmente con la specializzazione delle colture vitivinicole. Un forte sviluppo delle campagne, in special modo della frazione La Forma, posta lungo la strada statale per Fiuggi, spostò la popolazione dal centro storico attratta soprattutto dalle possibilità di insediamento offerte dalle campagne e dallo sviluppo del turismo romano. Anche lo Scalambra è stato preso in considerazione come possibile luogo di costruzione di seconde case dei romani.

Il centro storico è sormontato dai resti del medioevale Castello, i cui ruderi consistono in poche cortine e in qualche torre che ancora si eleva nel cielo. Serrone è stato interamente costruito con la pietra strappata al monte Scalambra e ruota attorno alla Chiesa di San Pietro Apostolo che appare all’esterno ancora nelle sue strutture romaniche.

La chiesa, a tre navate divise da possenti pilastri, conserva un pulpito e un organo del XVIII secolo. È affiancata da un canipanile basso ricavato da una torre.

Il paese è formato da pochi giri di case che scendono a gradoni verso il basso, delimitate da un largo dirupo a occidente. In alto la rupestre Chiesa di Sant’AngeIo conserva il suo fascino di solitario eremo, mentre l’altra dedicata a San Quirico è ormai al centro di una operosa contrada campestre e mantiene l’aspetto rustico: all’interno si vedono affreschi dell’età moderna di gusto popolare.

Il monte Scalambra domina tutto il paesaggio a sud-est della pianura romana; Gregorovius lo definì: “la gran piramide del monte Serrone, che imprime a tutta la contrada un carattere di grandiosità e di maestà”. Già coperto da possenti querce, oggi appare spogliato e nudo con radi boschetti e ciuffi isolati. Parte dei suoi pendii più bassi sono ricoperti da oliveti. Attualmente l’occupazione principale è nelle fabbriche dell’area anagnina e di Colleferro; pochi i pendolari diretti a Roma; qualcuno lavora nell’edilizia e diversi ancora nell’agricoltura. Quest’ultima si è specializzata nella coltivazione dell’uva per la produzione del Cesanese del Piglio, ma si coltiva anche l’olivo.