Visita al Paese

Santopadre

Visita al Paese

Il nostro itinerario ha come suo punto di partenza la grande piazza esterna alla Porta di Napoli, allargata e rialzata nel 1830. L’antica denominazione di Santopadre come castrum ne sottintende la particolare funzione difensiva. Il centro già in epoca medievale era circondato di mura (ora in parte dirute e inglobate nelle abitazioni), con un’altezza di circa 5 metri e uno spessore di m. 1,70. Sette torrioni semicircolari rafforzavano le mura nei punti più deboli. Due si trovavano a nord presso la Porta d’Abruzzo; un altro, a nord est, è in stato semiruderale: altri quattro sono disposti sul versante sud. Di questi ultimi, due sono addossati agli angoli meridionali della chiesa di San Folco, la principale del paese, e sono stati trasformati uno in campanile e un altro in sacrestia; l’ultimo, più vicino alla porta, dal 1830 fu trasformato in cisterna. Nel punto più alto di Santopadre, a nord, sorge la più alta torre cilindrica.

Dalla Porta di Napoli si può visitare Santopadre seguendo un percorso arricchito da scorci pittoreschi e da palazzotti di bell’aspetto. Si procede lungo la via principale delle Lisce, sino alla “piazza” o “largo di Lisce”, dove sorge la chiesa di San Folco. Il toponimo “Le Lisce” è spesso associato a zone che erano attraversate da strade romane e indicherebbe quindi percorsi lastricati o basolati. Lo ritroviamo, sempre nel territorio arpinate, in corrispondenza con il lungo tratto iniziale (presso la stazione), basolato, della via romana Arpino-San Paolo-Casamari-Veroli e nel percorso che da Arpino portava al santuario della stessa epoca in località Sant’Amasio.

In precedenza, la Chiesa aveva piccole dimensioni; di essa resterebbe l’altare dedicato a S. Folco, situato nel soccorpo al di sotto della Cappella del SS. Sacramento. Sotto questo altare, era stata murata una cassetta con le ossa del Santo (con iscrizione latina “Qui vi è il corpo di San Fulcone”), poi trasferite in altra urna nel 1793. L’attuale chiesa, di forma rettangolare, fu iniziata nel sec. XVI, ma fu ultimata e quindi consacrata solo nel 1742. Nel 1579 vi era la Cappella della Nunziata con Confraternita; per il 1583 è testimoniato un altare dedicato a S. Maria Lauretana.

La chiesa, all’interno, presenta tre navate a volta e sette cappelle con altari. Al di sopra dell’altare principale, vi è una tela a due facce del Cavalier d’Arpino, con l’Ultima Cena e la Resurrezione. Nella navata di sinistra vi è la copia di una tela del Cavalier d’Arpino con l’Assunzione di Maria (Cappella della Nunziata) e un quadro della SS. Addolorata (Cappella dell’Addolorata); nella navata di destra vi è una tela con le nozze di Cana (Cappella del SS. Sacramento) e un quadro della Vergine del Carmine (nella Cappella omonima). Sul portale interno vi è un affresco raffigurante S. Folco e S. Pietro Martire; sulla volta della navata centrale sono raffigurati il ritrovamento del Santo titolare e la Trasfigurazione del Signore, dipinti da Giuseppe Germani di Arce nel 1829. La chiesa è ornata di stucchi e scene figurate, realizzate verso il 1750 dal milanese Carlo di Cesare. Pregevoli sono gli intarsi policromi di un altare, analogo a quelli visibili nella Cappella del SS. Rosario della Concattedrale dell’Assunta di Atina e nella chiesa di S. Maria a Castrocielo. Si possono inoltre osservare l’organo, opera del Caterinozzi (1728) e le statue di S. Antonio e di S. Filomena.

Per la strada di S. Maria, si giunge alla Porta d’Abruzzo (detta anche “Portalassù”), presso la quale è la Chiesa di Santa Maria del Rosario, già arcipretale e antica matrice. E’ citata nelle Rationes Decimarum della diocesi di Aquino sia per il 1308 che per il 1325. Alla porta principale dell’edificio si accede con una gradinata. All’interno, il soffitto, alto in precedenza meno di otto metri, fu rialzato in seguito ad un crollo. Sull’altare si osserva una tela con la Santa Vergine nel momento in cui consegna il Rosario a San Domenico, affiancato dal simbolico cane con la fiaccola in bocca.

Dopo la chiesa, si giunge alla citata torre cilindrica medievale, che presenta molte feritoie e una base leggermente tronco-conica. Attualmente è alta 13 metri ed ha una circonferenza di m. 16. Aveva un tempo più piani; nel primo piano si osservano ancora gli avanzi di una camino. Nella torre si poteva entrare solo con le scale mobili, da una porta-finestra aperta a nord, all’altezza di m. 6,35 dal suolo. Inferiormente vi era una cisterna sotterranea, profonda m. 8, alimentata da un condotto di terracotta. La torre stessa aveva come antemurale un’altra semitorre diruta, posta all’angolo delle mura. Il largo sottoposto alla torre viene chiamato Monteacorte, forse a ricordo di un cortile recintato, da considerare come parte integrante di una piccola rocca.

Secondo gli storici locali, la torre di Santopadre faceva parte, con quella di Montenero, di un sistema di comunicazioni visive con Arpino, ma il frazionamento feudale che vi era nel passato rende poco credibile l’attuazione pratica di tale sistema. Nel 1764, in occasione di un’epidemia, la torre fu trasformata in un cimitero. Il sotterraneo fu chiuso con una pietra sepolcrale, mentre l’accesso agli ambienti interni si apriva allora, verosimilmente, attraverso un più comodo passaggio realizzato a piano terra.

Dalla torre si ritorna alla Porta di Napoli attraverso vicoli suggestivi, ma in qualche punto minacciati dal cemento.