Gallinaro
Provincia di Frosinone, abitanti 1.218, superficie Kmq 17,59, altitudine m.558
Abitanti: Gallinaresi
Festa patronale:San Gerardo.
Frazioni e Località: –
Comuni limitrofi: Alvito, Atina, San Donato, Val di Comino, Settefrati, Picinisco.
Distanza da Frosinone Km. 52
Autostrada: A1 Cassino
La Storia
Il piccolo comune di Gallinaro è posto nella Val di Comino tra le cittadine di Atina e Alvito, alle falde degli Appennini, nella fascia di rispetto del Parco nazionale d’Abruzzo. Il nome del paese deriva dal diffuso allevamento locale di galline. Sebbene nell’Ottocento si fosse ritenuto che il paese avesse origini sanniti che, in realtà non si hanno notizie certe del suo passato fino al Mille. Secondo Domenico Celestino, infatti, “la scarsa resistenza della pietra locale” ha comportato la distruzione dei manufatti più antichi; inoltre un “colle scosceso e povero di acqua” difficilmente avrebbe potuto ospitare insediamenti di particolare importanza.
Le prime menzioni del castello di Gallinaro compaiono solo agli inizi del secolo XI. Intorno al 1023 -1047 il paese fece parte della contea di Sora per passare in seguito alle dipendenze di Montecassino. Venne poi ceduto a signorie laiche che si avvicendarono nel dominio del piccolo centro fortificato.
Fra i suoi feudatari Gallinaro contò i migliori nomi dell’aristocrazia napoletana: i d’Aquino, gli Etendard, i Cantelmo e poi, a partire dal Quattrocento, i Borgia, i Navarro, i Cardona, i Gallio.
Agli inizi del Duecento divenne comune rurale (l’universitas, come si chiamava) cimentandosi nella difesa dalla prepotenza baronale. In un periodo non precisato dalle fonti, a Gallinaro sorse il Santuario di San Gerardo, dedicato ad un eremita inglese morto nel piccolo paese di ritorno dalla Terra Santa. Il luogo, venerato per le guarigioni miracolose che vi si erano verificate, fu meta di devoti pellegrinaggi.
Il piccolo paese decadde nel corso del Tre-Quattrocento; descrizioni fatte nel Cinque e nel Seicento lo mostrano desolato: case di creta, famiglie povere, vita selvaggia. Uno stucco del Seicento mostra il paese circondato da mura sovrastate dalla Chiesa di San Giovanni. Nel Settecento lo sviluppo demografico incentivò la ristrutturazione del borgo: l’antico castello venne totalmente inglobato nella chiesa sommitale, le abitazioni si ampliarono e il Santuario di San Gerardo fu trasformato in chiesa barocca intorno al 1713.
La persistente esiguità numerica degli abitanti fece sì che agli inizi dell’Ottocento Gallinaro divenisse addirittura frazione del vicino San Donato Val di Comino a cui rimase legato fino aI 1948. Dopo l’unità d’Italia, il centro fu talvolta covo di briganti. Molti abitanti furono costretti all’emigrazione. Particolare curioso: alcuni di loro posarono per artisti francesi famosi. Rodin, per esempio, per il suo San Giovanni ebbe come modello un gallinarese.
Qualcuno fece carriera: Domenico Bevilacqua diventò scultore e una donna, Carolina Carlesimo con lo pseudonimo di Joanna Romani, pittrice.
Con l’unificazione si è avuto anche un progressivo miglioramento delle condizioni generali e dei servizi, ed un particolare impulso è stato dato dalla ricostruzione e dalla modernizzazione attuale. Il paese è immerso nel verde, sopra una collina; Gallinaro è sorto praticamente sopra poggi uniti fra di loro. Due sono i nuclei più importanti: il più antico è sorto attorno al castello, oggi inglobato nella Chiesa dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista, posta in alto: vi si accede attraverso una scalinata. Questa parte del paese è formata da poche e piccole abitazioni tutte attorno al colle. Dopo una breve piazza vi è un borgo, sempre piccolo come dimensioni, ma urbanisticamente diverso perché disteso lungo una decrescente collina. Il terremoto del 1984 ha colpito duramente il piccolo paese, situato vicino all’epicentro.
Il grande avvenimento di Gallinaro è la festa di San Gerardo che si celebra dopo Pasqua e il 10 e l’11 agosto. In questa occasione ancora oggi giungono molti pellegrini dai paesi vicini. Si racconta che se non sono presenti i fedeli di Scanno, paese posto sulle montagne abruzzesi, il santo non faccia miracoli. I fedeli entrano nell’edificio religioso strusciando la lingua sul pavimento ed escono in ginocchio a ritroso. La processione è imponente e vissuta con molta partecipazione. Ultimamente si è avvertita l’esigenza di un rinnovamento della chiesa che, rimasta d’impianto settecentesco e barocco, è stata arricchita con decorazioni e dotata di moderne strutture per la ricezione dei pellegrini. Recentemente si è sviluppato il culto per il Bambin Gesù.
Il fenomeno dell’emigrazione, di un certo rilievo fino a qualche decennio fa, si è ridimensionato a vantaggio di alcune attività economiche locali, fra cui si segnala la produzione del cabernet.