Il Paese
Il Paese e le bellezze del Centro storico
In una cuna di verde, adagiato tra le falde occidentali del Monte Cairo, il versante settentrionale del Monte Asprano e il morbido Panoramagioco delle tondeggianti cime del Ciamurro, Grotta, Forcella, Monticello, Occhio, a 540 metri di altitudine, si raccoglie un nido di tetti: Colle San Magno. Il centro storico si rigira stretto e perfino angusto intorno alla torre dell’antico maniero e alla chiesa parrocchiale; poi si amplia in più largo respiro a piazza Umberto I, modulata tra i palazzi di imponente fattura ottocentesca, la moderna fontana, il carro armato del monumento ai caduti, Corso Umberto con la Casa Comunale. La monumentale fontana in piazza Umberto I fu eretta con la costruzione dell’acquedotto comunale che addusse l’acqua della Forma, nel 1928. L’opera architettonica è di chiaro stile neo-imperiale tipico dell’arte classica rievocata da Mussolini. Nei pilastri dell’esedra si leggono ancora lo stemma del fascio littorio, nonostante l’abrasione dell’ascia e la data: A VI, cioè anno sesto dell’era fascista, iniziata con la marcia su Roma, nel 1922. L’area utilizzata dall’attuale edilizia, smagliante di colori, è sull’amena collina di Marrone e guarda di là Monte Cairo e di qua Monte Asprano, sul cui dorso Cantalupo sembra dormire il lungo sonno della sua storia, ancor fermo al giorno in cui sulla terra ignuda si addormentò il candido suo figlio, l’eremita Buono, il quale ora riposa al riparo della chiesa parrocchiale in Colle.
Si sale a Colle San Magno per Roccasecca. Un percorso d’asfalto che si snoda in ripidi tornanti. A destra della salita si staglia evidente e rappresentativo, come in una antica cartolina, il profilo del Castello di Roccasecca, con la sua torre cilindrica, con le mura di cinta digradanti nei suoi torrioni possenti. E più oltre il profilo continua con la cresta frastagliata di Monte Asprano, i ruderi appena individuabili del primitivo Castello di Castrocielo. Si arriva quasi di soppiatto sul paese che prima, durante la salita, appariva e scompariva alla vista. Si ammirano per prima le ampie spalle di Monte Cairo interamente ricoperte del villoso mantello della forestale vegetazione. Un gioco morbido di monti intorno intorno, un gioco di valli, che occludono ogni panoramica visuale, per fare più azzurro e più profondo il cielo. Dopo aver lasciato a destra Cantalupo, si circuisce il paese e si è attratti innanzitutto dalla Torre Medievale, ancor vigile e dominante.
Dalla zona più antica del Castello, passando davanti la Chiesa Parrocchiale, dedicata a San Magno vescovo e martire, si attraversa il paese per via Meridiana, poi dedicata a Domenico Di Murro, il diciannovenne colligiano, eroe della prima guerra mondiale, morto sul Col di Lana, nel Veneto. In ambo i lati di questa via centrale, in gergo chiamata “mmése gliù Colle”, si snoda una sequela di strade minori e vicoli intersecanti, che penetrano capillarmente in tutto il tessuto urbano, di chiara fattura medievale; e poi sipporti; piccole scale esterne; cippi litei, con alla sommità l’immancabile catena a cui si legava in sosta il cavallo, o l’asino, o il mulo; archi e portali con stipiti di pietra, artisticamente scolpiti, a tutto sesto per lo più, qualcuno in elegante sesto acuto.
La struttura urbana di una città, con le sue vie, le piazze, le costruzioni, racconta la sua storia. La traversata del paese, dalla Torre a piazza Umberto I, racconta i mille armi di civiltà e di progresso di Colle San Magno, dal Medio Evo, dall’età benedettina, fino alle costruzioni cinquecentesche, ai palazzi baronali del Sette – Ottocento, alle costruzioni dell’età contemporanea. E’ prettamente medievale il centro storico. Ed è rimasto per lo più abitato, diversamente da quanto è successo a molti antichi centri storici della Valle del Liri, caduti in desolazione. Qui, a Colle San Magno, la civiltà contadina sembra esprimere ancora tutta la forza delle sue risorse. Dalla terra, sia in superficie che dalle viscere del sottosuolo, Colle San Magno ha da sempre ricavato il sostentamento della sua difficoltosa esistenza. Da quando i contadini aquinati di Castro Cielo in Asprano, anziché tornarsene nella loro pianura d’origine, preferirono scendere verso le pendici di Monte Cairo, i Colligiani hanno coltivato ogni più piccolo appezzamento di suolo, hanno sfruttato ogni bosco, ogni pascolo. Geograficamente isolato, Colle San Magno ha dovuto rendersi autonomo nella propria sussistenza: dalla terra ha ricavato i beni e i mezzi necessari per una vita essenziale, dall’alimentazione al vestiario. I Colligiani hanno saputo sfruttare, peraltro, ogni risorsa naturale, perfino la neve, oltre il legname abbondantissimo, l’asfalto, i funghi e il tartufo. Quando l’economia e la cultura industriale hanno aggredito le nostre terre di Ciociaria, Colle S. Magno ha resistito, col carbone, con la legna, con la pastorizia e con l’agricoltura, integrando le sue risorse con una pur contenuta emigrazione. Alla violenta ondata del secondo industrialismo, con la FIAT e le altre fabbriche nella Valle del Liri, Colle San Magno ha cercato lavoro fuori comune, a Roccasecca, a Piedimonte, ad Aquino, a Cassino, dove fiorivano le industrie, e nell’impiego della Pubblica Amministrazione. Oggi nessuna famiglia può vivere di sola agricoltura: almeno uno “stipendio”, almeno una “pensione” sono indispensabili al vivere quotidiano.
Le bellezze del centro storico