Ceccano
Provincia di Frosinone, abitanti 22.000, superficie Kmq 60,43, altitudine m.220
Abitanti: Ceccanesi
Festa patronale: San Giovanni Battista
Frazioni e Località: Colle Antico, Maiura, Colle Leo, Colle Alto, Colle San Paolo, Cellera, Peschiera, Acqua Santa, Casamarciano, Cardegna, Fiano,
Comuni limitrofi: Arnara, Castro dei Volsci, Frosinone, Giuliano di Roma, Patrica, Pofi, Villa Santo Stefano.
Distanza da Frosinone Km. 10
Autostrada: A1 Frosinone
Note storiche
Si arriva a Ceccano da Frosinone, prendendo la strada statale n. 156 e deviando all’altezza del bivio per Patrica verso il nostro centro, oppure, sempre da Frosinone, prendendo la strada statale n. 637 per Gaeta.
La città sorge sopra un modesto colle prospiciente il fiume Sacco e si estende sia verso mezzogiorno, lungo una vasta collina, sia ad oriente, lungo la piana formata dal fiume. Ci sono poi diverse frazioni, situate sulle colline circostanti. Il territorio è delimitato in gran parte dal monte Siserno e dalle colline che si elevano nella pianura del Sacco in modesti rilievi.
I terreni sono di buona composizione minerale: predominano le terre rosse e quelle alluvionali risultano essere le più fertili. Banchi di calcare e tufo affiorano in diversi punti, già sfruttati come materiale da costruzione; numerose le sorgenti di acqua potabile.
Il nome attuale risale, secondo quanto scritto dagli storici locali, al VII secolo, quando la città lo cambiò in onore di Petronio Ceccano, padre di papa Onorio I. Si vuole da più parti che l’attuale centro storico di Ceccano sia sorto sul sito del l’antica città romana Fabrateria Vetus, da distinguere da Fabrateria Nova, situata in altro luogo.
La presenza umana è dimostrata da ritrovamenti operati dagli archeologi della preistoria; è certo che la zona, ricca di acque e foreste, consentì l’insediamento di comunità a partire dal Paleolitico inferiore; altre testimonianze risalgono al Paleolitico superiore, al Neolitico ed all’Età del rame.
Fabrateria “scese” progressivamente a valle lungo il fiume Sacco (allora Threrus o Tolerus), ove diede vita ad un sistema urbano complesso con terme e templi. Nella zona era venerato Ercole, a cui venne eretto un tempio, ancora non individuato. Con la costruzione della via Latina e dell’Appia, cessò l’importanza del percorso pedemontano lepino, che da Villa Magna scendeva a Fregelle. Ceccano sorse in prossimità della diramazione diretta alla zona pontina. Decadendo questo sistema viario a favore degli assi longitudinali, Fabrateria divenne una città di secondo piano. Nel periodo adrianeo, forse per gli interessi che questo imperatore aveva per la sua villa imperiale di Villa Magna, collegata col sistema di ville rustiche sorte lungo la via pedemontana lepina, si ha notizia di restauri ad edifici fabraterni.
Fino al VII secolo non si hanno più notizie certe sul centro, anche se diversi ricercatori di storia locale ne parlano rivendicando la nascita di papa Silverio I alla città. I papi crearono una domus culta, un’azienda agricola che raccoglieva e disciplinava anche il popolamento locale; il compito principale rimaneva quello di mantenere un minimo di produzione agricola per la zona e per l’Urbe. Nel 752 i longobardi invasero la regione e fu questo il motivo per cui Stefano Il compì il suo noto viaggio presso i franchi in cerca d’aiuto.
La famiglia de Ceccano
Nei secoli seguenti si hanno notizie solo di una potente famiglia baronale, che traeva il nome dal loro castello principale: i de Ceccano. Questi, di probabile origine tedesca, come afferma il Gregorovius, diedero vita ad una vasta signoria posta a cavallo dei monti Lepini, e comprendente, nel 1224, quando Giovanni de Ceccano redasse testamento, ben quattordici castelli nonché beni e diritti in sette città. In pratica i de Ceccano furono la più potente dinastia feudale del Lazio meridionale fino all’avvento dei Caetani. Il loro stato era compatto e gravitava sulle propaggini meridionali dei Lepini, occupando l’intera valle dell’Amaseno, affacciandosi anche sul Sacco e sulla via Latina. Il feudo non poteva reggere l’urto de tempi nuovi, poiché nel Trecento era stato suddiviso in tante proprietà minori. Soccombette per le lotte intestine fra i de Ceccano e l’assalto di altre signorie, tra cui i Caetani ed i Colonna.
Intanto i de Ceccano ebbero modo di dare alla chiesa diversi cardinali e prelati nonché abati di Fossanova; dalla loro corte uscì l’unica cronaca laziale medioevale laica da noi conosciuta.
I de Ceccano si inserirono nelle lotte del tempo, parteggiando per l’impero contro il papato, ma combattendo anche contro altri baroni e città del Lazio meridionale. In occasione di una scorreria normanna, guidata nel 1216 da Ruggero dell’Aquila, Ceccano fu attaccata, ma Giovanni de Ceccano reagì, mettendo in fuga l’esercito invasore, sconfiggendolo Vallecorsa e prendendo prigioniero il padre di Ruggero. Poiché Oddone Colonna e Tommaso de Supino avevano aiutato la spedizione di Ruggero, in breve Giovanni e le sue milizie ceccanesi assaltarono il castello di Morolo ove i due si erano rifugiati: durante l’assalto i ceccanesi bruciarono il paese, uccisero 424 abitanti presero diversi prigionieri fra cui Oddone e la sorella Mabilia, sposa di Tommaso de Supino, che furono poi riscattati pei mille libbre di provenzali, mentre Tommaso dovette dare in ostaggio il figlio e dichiararsi vassallo.
I de Ceccano, con diversi abitanti del loro feudo ceccanese, furono coinvolti nello “schiaffo d’Anagni”: pare che tra i più irriducibili nemici dei Caetani siano stati appunto i ceccanesi. Com’è noto, per l’episodio fu comminata la scomunica maggiore, e la comunità di Ceccano, ancora nel corso del XVII secolo, diede vita a pratiche devozionali per togliersi di dosso l’anatema, fonte di diversi malanni secondo le credenze del tempo.
Un illustre ceccanese, appartenente alla potente famiglia, fu il cardinale Annibaldo. Fu famoso per la sua potenza, per la sua abilità diplomatica, per essere stato corrispondente di Francesco Petrarca e di Simone Martini, noto altresì per il banchetto offerto a papa Clemente V, nel suo palazzo di Gentilly in Francia, nel quale vennero serviti ventisette tipi di vivande; il vino venne versato da una torre a forma di fontana, ornata di uccelli cucinati e decorati, tali da sembrare vivi.
Negli anni di massima fioritura della signoria dei de Ceccano, per loro opera si ampliò una chiesa, Santa Maria a Fiume, consacrata nel 1196 alla presenza di tutti i vescovi del Lazio meridionale con una fastosa cerimonia. La chiesa sorge sopra l’area occupata dalle antiche terme, riutilizzando materiale degli edifici romani. Nel corso del Medioevo, Ceccano possedeva diverse chiese a testimonianza che il centro non era piccolo; all’interno dell’abitato vi erano quattro chiese, all’esterno ben diciassette. Alcune di queste erano antichi cenobi o chiese appartenenti a monasteri della zona, come Montecassino e Fossanova. La Chiesa di San Pietro in Iscleta, posta nel territorio ceccanese verso il territorio di Patrica, fu donata nell’undicesimo secolo a Montecassino, assieme alle Chiese di San Marcello e San Marco, da Uberto ed Amato conti di Ceccano. Appartenne al monastero cassinese anche la Chiesa di Santa Maria di Corniano, sorta sopra un’antica villa rustica romana; nel Trecento era dotata di molti beni posti nel territorio ceccanese. Un monastero benedettino era pure l’Abbazia di San Clemente, posta sull’omonimo colle e di cui ancora nell’Ottocento si potevano vedere le mura e diversi mosaici. Nel corso del Duecento arrivarono anche i francescani, sia il ramo maschile che quello femminile.
I Colonna a Ceccano
La decadenza dei de Ceccano consentì alle famiglie imparentate di acquisire diritti sul feudo; nel XV secolo ne beneficiarono i Caetani di Aragona ma, verso la fine del Quattrocento, entrarono in campo i Colonna, che nel 1523 ottennero il feudo da Clemente VII. Da allora Ceccano rimase legato alla famiglia colonnese.
Dal Trecento in poi la città registrò un netto declino: lo rivela la decadenza e la scomparsa delle numerose chiese che abbiamo ricordato. Nel Seicento la parrocchia era una sola, mentre in precedenza almeno tre chiese avevano cura d’anime; la popolazione scese a circa 1200-1500 abitanti, meno di altri centri della diocesi di Ferentino. Nel Settecento le cose cambiarono. I motivi furono diversi: l’aumento della popolazione portò al dissodamento ed alla bonifica di terre poste in pianura e ciò determinò un ulteriore incremento della popolazione che salì a 2500 abitanti nella prima metà del secolo, per aumentare ancora a 4500 circa verso la fine del Settecento. I Colonna portarono la sede del governo del loro stato di Campagna da Pofi a Ceccano, determinando un incremento delle attività e favorendo nuovi processi sociali. L’introduzione della coltivazione del mais, la costruzione di impianti che utilizzavano l’acqua del fiume Sacco come energia, comportarono ulteriori innovazioni e contribuirono all’incremento economico, sociale e demografico della città.
Del resto, che la città fosse in ascesa si deduce dalla ripresa edilizia del Seicento, continuata vigorosamente nel Settecento. Nel 1607 il comune edificò la Chiesa extraurbana di San Sebastiano, nel 1645 fu costruita la Chiesa della Madonna della Pace e nel 1712 quella della Madonna del le Grazie, ambedue extraurbane. Nel 1748 San Paolo della Croce fondò un suo convento nell’ antica “possidenza” cassinese di Santa Maria di Corniano.
Nel corso del Settecento ci furono riforme amministrative. Si passò dal consiglio per fuochi, amministrazione per “famiglie”, rimasta in vita solo per casi eccezionali, ad uno più ristretto composto prima da quaranta e poi da trenta consiglieri. Era la consacrazione del ruolo della borghesia locale, la quale emerse nel periodo della prima repubblica romana e dell’occupazione napoleonica. Molti ceccanesi si schierarono con i francesi, ma numerosi furono anche quelli che si batterono contro i rivoluzionari. Alle amministrazioni “francesi” si deve la costruzione di un moderno, grande ponte che scavalca il fiume Sacco, rendendo più facile il transito. Il ponte rese di nuovo strategica la posizione di Ceccano in quanto luogo obbligato del transito veicolare e pedonale, e quindi anche del traffico commerciale della zona.
I Berardi e la storia moderna
Il 12 novembre 1860 è una data importante per la storia di Ceccano: quel giorno infatti Filippo Berardi, fratello del cardinale Giuseppe Berardi, acquistò tutti i possedimenti che i Colonna avevano in Ceccano. Filippo Berardi che, pur essendo fratello di un cardinale, aveva buoni rapporti con Nicotera, venne favorito negli appalti dall’ex garibaldino diventato ministro dei lavori pubblici, e attuò una politica di sviluppo.
Con la costruzione del tratto ferroviario Roma-Ceprano, nel 1861 si determinarono le premesse per un mutamento dello sviluppo urbanistico: la stazione della ferrovia fu costruita presso il “ponte dei francesi”, nelle cui vicinanze Berardi costruì il suo palazzo (distrutto dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale) e delle fabbriche: pastificio, mulino, fornaci e una cartiera. Lì sorse un borgo operaio che prese il nome dal nostro imprenditore. Per approvigionarsi d’acqua, ma anche per assumere meriti davanti all’opinione pubblica, Filippo Berardi fece costruire un nuovo e più potente acquedotto che doveva servire tutta l’area bassa della città. Si era venuto a costituire, così, un altro polo di sviluppo il quale attrasse popolazione sia dal centro storico che dal contado.
Se nell’anno 1871 Ceccano aveva circa 7.000 abitanti, qualche decennio dopo ne contava 9.000. La città era diventata un’area altamente produttiva con due fabbriche di pasta, tre frantoi da olio, due fabbriche di carri e carrozze ed una cartiera.
Tutto questo si raggiunse verso la fine dell’Ottocento, in un contesto di rapida modernizzazione: sorsero scuole e fu potenziata la ferrovia.
Ceccano era divenuto un centro importante. Tre cardinali vi erano nati o avevano partecipato alla vita del paese: Berardi, Gizzi, segretario di stato di Pio IX, ed il più famoso Antonelli, che aveva qui un palazzo di famiglia. Va fatta menzione anche del patriota Gaetano Latini, coinvolto nelle vicende della repubblica romana del 1849 e attivo negli anni seguenti, incappato nella repressione pontificia.
Filippo Berardi, come si è detto, fu uomo politico di successo: dal 1880 al 1886 fu deputato, venne nominato senatore ed ottenne il titolo di marchese. Fu infine presidente dell’amministrazione provinciale di Roma.
Malgrado la situazione sembrasse florida, l’incremento della popolazione era superiore alle possibilità locali: pertanto se da una parte si emigrava, dall’altra si lottava per cambiare le condizioni sociali, economiche e politiche. Ceccano era uno dei paesi ove la Lega dei contadini aveva un grande seguito e vi si svolgevano imponenti manifestazioni di rurali, sia della città che del circondano.
Il movimento contadino riuscì nel giro di qualche lustro ad ottenere il comune e ad avere un suo rappresentante nel consiglio provinciale. Il successo politico della Lega attirò, in seguito, l’ostilità delle squadre fasciste che organizzarono ripetute incursioni contro il paese.
La guerra fu particolarmente dura con questo centro: durante la seconda guerra mondiale il paese venne bombardato e mitragliato per la prima volta il 9 marzo 1943. Poi altri bombardamenti ebbero luogo il 23 ed il 25 gennaio, il 3 ed il 26 febbraio, il 9 ed il 28 marzo, e, quasi ininterrottamente dal 20 maggio sino alla liberazione. Morirono decine di civili, altri subirono le violenze delle truppe nordafricane dell’armata francese. Alla fine del conflitto Ceccano aveva riportato la distruzione di oltre il 60% delle abitazioni.
Ceccano fu uno dei centri della Resistenza antifascista ed antitedesca negli anni 1943-44, con una sua formazione partigiana. Nel dopoguerra la vita politica era ancora dominata dalla rinata Lega contadina. Sul piano economico, malgrado la nascita e lo sviluppo di iniziative imprenditoriali, ci furono gravi problemi che portarono all’emigrazione verso Roma di molti abitanti.
La maggior parte della popolazione si stabilì in campagna, secondo una consuetudine diffusasi nel corso dell’Ottocento, al contrario di tanti altri centri, ove ancora predomina il popolamento del centro storico. Questa, ed altre cause, hanno portato a un diffuso frazionamento della proprietà fondiaria.
L’industrializzazione degli anni Sessanta ha coinvolto in pieno Ceccano, che è di venuto uno dei principali centri industriali di provincia, con decine di piccole industrie.
I monumenti
Il centro storico sorge sulla sommità e sui fianchi orientali di una collina. Sopra l’insediamento antico e medioevale si è sviluppato l’abitato moderno, il quale, a causa di diverse calamità, conserva pochi resti delle precedenti costruzioni.
In alto si erge il Castello, molto rimaneggiato nel Settecento e poi adibito a carcere mandamentale. Attualmente è proprietà privata e si riconoscono le vestigia di una torre, forse la trasformazione di una delle torri o del mastio del più antico castello dei de Ceccano. Il precedente castello era molto complesso e gravitava su un’area fortificata oggi ridotta a una spianata, piazza Mancini, con alcuni palazzi che hanno inglobato la cinta muraria. Sulla piazza del comune si affacciano il Palazzo comunale, già Antonelli e la seicentesca Chiesa di San Sebastiano. Il Palazzo comunale, unione di diverse abitazioni, appartenne alla famiglia del celebre cardinale; l’edificio si affaccia sopra un giardino signorile, che ricorda per alcune sue caratteristiche il giardino all’italiana. All’interno, nelle parti basse e meno visibili, si conservano resti degli edifici più antichi, fra cui diversi archi di sostegno medioevali. La Chiesa di San Sebastiano fu eretta dal comune e affidata ai francescani, i quali l’abbandonarono dopo il 1652 a seguito della soppressione dei conventi minori. L’edificio fu adattato a sede di ospedale, qui trasferito dall’antica sede di via dell’Ospedale Vecchio.
Il circuito murario antico e medioevale inglobava l’area del castello superiore, e tutto il quartiere ad oriente, posto attorno alla Chiesa di San Giovanni; mura medioevali affiorano in diversi punti, anche se gran parte sono andate distrutte o ne sono stati reimpiegati i materiali. Alcune tracce sono rimaste nella toponomastica, nell’andamento delle strade e delle costruzioni.
Dalla piazza del comune si accede per una breve e stretta via alla Chiesa di San Giovanni Battista. L’attuale edificio è il prodotto di diversi rimaneggiamenti, che hanno mutato anche l’orientamento della facciata. L’antica chiesa medioevale fu bruciata nel 1182 e ricostruita più volte, anche nel Cinquecento. L’attuale è stata realizzata su progetto dell’architetto Giovanni Battista Nolli a partire dalla metà del Settecento. Recentemente sono state scoperte costruzioni in mura poligonali ed una cappella medioevale, con tracce di affreschi.
L’edificio sacro, così come si presenta, risale al Settecento. In quell’occasione venne invertita la direzione dell’intero complesso, rivolgendo la facciata a sud. L’interno è a tre navate, con altare centrale unico e altari nelle navate laterali; i lati della breve crociera sono stati trasformati in cappelle. Sugli altari campeggiano diversi dipinti, alcuni dei quali del Sette-Ottocento e di buona fattura. E conservato nel presbiterio, vicino all’altare maggiore, un grande crocefisso tardo medioevale. Nella sacrestia sono una piccola collezione di reperti archeologici e qualche altro dipinto di un certo pregio. La Chiesa di San Giovanni Battista conserva le uniche testimonianze di affreschi medioevali esistenti in Ceccano, dopo la scomparsa di quelli esistenti in Santa Maria a Fiume: si trovano nella cappella dedicata alla Madonna, basamento del campanile eretto nel secolo XVI. In un documento del 1754 la cappella si intitola alla Natività di Maria Santissima. Gli affreschi sono stati deturpati all’inizio di questo secolo, per lavori edilizi, e pertanto risultano di difficile lettura. Su due pareti della cappella si nota appena un ciclo di affreschi riguardanti la vita della Madonna. Si osservano una Crocefissione con la Madonna Addolorata, un’Annunciazione, un Dormitio Virginis, e l’Incoronazione della Vergine. Sembra che questo sia l’unico ciclo completo intorno alla vita della Madonna, esistente nella zona.
La medioevale Chiesa di San Nicola, già extraurbana, che sorgeva nel mezzo di una foresta, oggi si trova in pieno centro storico. Distrutta dai bombardamenti alleati durante la seconda guerra mondiale, è stata ricostruita secondo Io stile ispirato all’architettura cistercense di Fossanova. Una primitiva chiesa fu abbattuta nel corso del XIII secolo e ricostruita, mecenati i de Ceccano, nel corso del Trecento, come attestano le iscrizioni incise sui pilastri fatti erigere da Tommaso il Giovane, Berardo e Tommaso il Vecchio. La pianta è irregolare e permangono tracce di affreschi per tutta la chiesa, anche se l’apparato pittorico è quasi del tutto sparito: l’unico affresco visibile è quello posto sopra l’arco trionfale. La chiesa è a tre navate rettangolari anche se irregolari, suddivisa da pilastri che sorreggono archi acuti. Rimangono le sei monofore della primitiva chiesa, collocate tre per parete. Sulla facciata campeggia un bel rosone e tutto l’edificio presenta diversi elementi decorativi medioevali e recenti. L’ingresso principale è posto sul fianco sinistro. Il portale presenta delle colonnine che sorreggono un arco decorato, la lunetta è affrescata, e la pittura rappresenta la Madonna della Foresta. La chiesa nel Medioevo non aveva cura d’anime e possedeva un ingente patrimonio nel quale si elencavano mulini e gualchiere. Diventò parrocchiale nel 1780 quando Ceccano aumentò considerevolmente la popolazione. Entro la chiesa si conservano alcune pale d’altare del Seicento e Settecento.
La Chiesa di Santa Maria a Fiume, distrutta a seguito dei bombardamenti della seconda guerra mondiale, è stata ricostruita nella precedente posizione e con lo stesso stile, reimpiegando gran parte del materiale recuperato. L’edificio ha avuto la ventura di essere stato costruito e ricostruito ben quattro volte. La primitiva chiesa, sorta sopra i resti di edifici di epoca classica, non si sa con precisione se terme o tempio, era sicuramente romanica, ed esisteva già nel corso del secolo XII. Verso la fine di questo secolo, ad opera dei de Ceccano, i quali intendevano edificare una loro chiesa e il loro sacrario, l’edificio venne rimaneggiato. I portici laterali furono trasformati in navate e tutto il tempio venne adattato nuovo stile diffuso dai cistercensi di Fossanova. Altri lavori furono eseguiti verso la metà del Trecento, sempre ad opera dei ceccanesi; prodotto di tali interventi era un edificio sacro che appariva sostaizialmente un ibrido. Distrutto a causa della guerra, è stato ricostruito nelle forme preesistenti. Il monumento, dichiarato d’interesse nazionale alla fine del secolo scorso, è posto lungo il fiume Sacco, di sopra di un prato, staccato del tutto dalla città che sorgeva oltre il fiume, sopra la collina. Attualmente, a causa dell’espansione della città, si trova nel perimetro urbano. Conserva però il fascino del luogo, con un vasto prato verde attorno, isolato dalle moderne costruzioni della zona.
La costruzione è molto ampia, a tre navate con una facciata semplice ed essenziale. Il portale è composto da colonne rientranti e da un archivolto. Al di sopra del portale c’è un grande rosone fiorito a doppia ghiera. L’interno oggi è spoglio delle decorazioni parietali presenti fino alla distruzione recente. Vi era un notevole patrimonio di affreschi, attribuiti alla scuola di Giotto, dati i legami fra alcuni cardinali, i de Ceccano, i loro parenti, e il pittore. Gli affreschi non costituivano un ciclo, ma sembravano essere quadri staccati l’uno dall’altro, molti dei quali devozionali o dipinti a corredo di tombe. In questa chiesa si conserva oggi una Madonna lignea, tradizionalmente venerata dal popolo laziale. “La Madonna è grandezza naturale, regge in braccio il Santo Bambino ed è seduta su un rozzo( sedile di legno… Il gruppo… è collocato in una cornice di legno ancor esso di cedro del Libano, arieggiante, non sappiamo se per contemporaneità di esecuzione, o solo per imitazione posteriore lo stile della chiesa…” Così Giuseppe Marchetti Longhi, uno degli ultimi studiosi e testimone della chiesa avanti la distruzione, descrive la statua. Nel tempio c’è un imponente pergamo: un grande ambone elevato su quattro colonne composto da un piano circondato da altre colonne, alternativamente uguali. Sulla balaustra due leggii ed una colonna tortile per il cero pasquale. Alla base delle colonne del piano sono raffigurati due leoni che divorano la preda tenuta fra le zampe.
Sempre a proposito di Santa Maria a Fiume può essere interessante ricordare la consacrazione, avvenuta nel 1196, della chiesa ristrutturata dai de Ceccano e in particolare dal cardinale Giordano e dal fratello Giovanni, signore del luogo.
La fastosa cerimonia ci è descritta dagli “Annales Ceccanenses”, cronaca domestica dei signori di Ceccano. Alla presenza di una enorme folla, composta da laici e da chierici, sei vescovi, Berardo di Ferentino, Giovanni di Anagni, Oddone di Veroli, Pietro di Segni, Taddeo di Alatri e Tedelgario di Terracina consacrarono alla Madonna la chiesa, l’altare maggiore e gli altari delle due navate laterali. La sera precedente la festa religiosa, ci fu una processione notturna, illuminata da torce, durante la quale furono portate dodici croci astili d’argento, quattro evangelari, venti turiboli d’argento e quattro urne di reliquie, poste poi entro altrettanti padiglioni, custodite e vegliate per tutta la notte.
Alla cerimonia della consacrazione era assente il conte Giovanni perché malato. Improvvisamente comparve, subitamente guarito, e questo fece gridare la folla al miracolo. Al termine della cerimonia, vennero donate alla chiesa diverse regalìe, fra le quali gli arredi in opus theutonicus dati dal cardinale Giordano e la charta libertatis concessa da Giovanni, con la quale si davano privilegi ed il diritto d’asilo alla chiesa.
Ceccano, oggi
Ceccano conta numerose frazioni nelle quali abita gran parte della popolazione; recentemente, oltre all’edilizia spontanea, si è costruito un quartiere dedicato al sindacalista Di Vittorio, che occupa le pendici meridionali della lunga collina ai piedi della città.
E sparito l’artigianato tipico che in questo centro aveva un’illustre produzione, la “canestra ceccanese”, un contenitore di vimini, molto apprezzato sulla piazza di Anagni, ove era considerato il migliore prodotto del genere; la canestra era prodotta con i vimini ed i giunchi ricavati dagli alberi nati lungo il fiume Sacco. Oggi si può parlare di lavorazioni in ferro battuto, e di intaglio del legno.
Non vi sono particolari manifestazioni tradizionali tranne una “festa del contadino” organizzata dagli enti pubblici del turismo.
Ceccano, oggi, continua ad assolvere, data la sua posizione geografica, la funzione di centro intermedio di transito e scambio, e rimane un importante polo industriale e commerciale.
Presenta i tipici problemi delle città rapidamente sviluppate, fra i quali uno dei maggiori è costituito dal traffico concentrato in certe ore nell’area del ponte sul fiume.
Altri problemi molto sentiti sono quelli dovuti all’inquinamento del fiume Sacco, oggi discarica a cielo aperto delle numerose fabbriche del polo industriale di Frosinone.