Il castello di Castro Cielo in Asprano
Il Castello di Castro Cielo in Asprano
Il Castello di Castro Cielo in Asprano fu eretto dai profughi di Aquino, quando questa città fu distrutta dai Longobardi. Si spopolò col passato pericolo longobardo, anche perché mancava di acqua. Fu ricostruito dai Conti d’Aquino per creare lassù una roccaforte contro Montecassino, con cui spesso, gli aquinati erano in guerra. Nel 1020 e nel 1030 risultava già molto popolato. Questo ripopolamento forzato non durò però a lungo, per le difficoltà abitative su Monte Asprano: mancanza di acqua e distanza dai campi da lavorare. Il Castello fu alle dipendenze dei Conti d’Aquino, nei primi anni del Mille. Troviamo che, nel 1004, Landolfo Conte di Aquino, contestualmente ai conti di Pontecorvo, donò una terra sita in Castro Cielo a tale Martino e altri intestatari.
Nel 1137 Rainaldo, ex abate di Montecassino, per riconquistare l’Abbazia, si era fortificato sul Castello di Castro Cielo.
Nel 1153 il Castello di Castro Cielo era ancora possedimento dei conti di Aquino, i quali vi mandarono il comandante di esercito Garciano.
Verso la fine del XII secolo, l’imperatore Enrico VI confermò all’Abbazia di Montecassino la contea di Aquino con Castro Cielo, Arce, Castroforolo (Santopadre), Pico.
Nella prima metà del XIII secolo, tra gli anni Trenta e Quaranta, il castello di Castro Cielo tornò ai conti di Aquino, riconquistato dalle armi di Filippo d’Aquino.
Nel 1231 il castello figura tra le quattro roccaforti più importanti nella zona di confine tra il Regno di Napoli e lo Stato Pontificio, insieme ad Atina, Rocca d’Evandro, Roccaguglielma. In quest’anno, infatti, l’imperatore Federico Il, per mantenere il suo stato di “pace armata” contro papa Gregorio IX, pensò bene di fortificare i suddetti castelli, compreso Castro Cielo.
Nei primi anni del XIV secolo, il Castello passò in possesso prima di Giovanni d’Apia, poi di Isabella d’Apia, figlia del predetto e moglie di Adenolfo d’Aquino. Isabella sposò in seconde nozze Raimondo del Balzo, il quale divenne così signore di Castro Cielo, oltre che di San Giovanni Incarico.
Nella seconda metà del XIV sécolo, il Castello lo ritroviamo in possesso, insieme a San Giovanni Incarico e Pescosolido, di Nicolò Spinello.
Successivamente, per breve durata, il Castello figura in possesso di Montecassino, contro cui si era ribellato. Peraltro, l’abate della predetta Abbazia cedette terre a buon prezzo: una gallina l’anno!
Carlo III, però, re di Napoli, dovendo punire alcuni signori ribelli, tra cui Nicolò Spinello, tolse a costui San Giovanni Incarico e Castro Cielo, che diede a Francesco d’Aquino. Tale donazione fu poi confermata al possesso dei conti di Aquino dalla regina Margherita di Durazzo, madre e reggente del re Ladislao, ancora in età minorile, successore dell’assassinato Carlo III.
Nicolò Spinello, peraltro, non si rassegnò alla perdita di Castro Cielo, per cui entrò in aspra armata contesa con Francesco d’Aquino. Ci volle l’intervento del re di Napoli Ladislao a por fine alla lotta, a vantaggio del d’Aquino.
Nei primi decenni del 1400, al tempo in cui saliva al trono di Napoli la regina Giovanna I! d’Angiò – Durazzo, i monaci di Montecassino s’impadronirono, con la forza, di Castro Cielo, togliendolo a Francesco d’Aquino. Errico, abate di Montecassino dal 1396 al 1414, per mantenere i suoi possedimenti, dovette chiedere perdono al Re, per le ribellioni operate dalle terre dell’Abbazia al tempo dello scisma tra i papi Urbano VI e Bonifacio IX contro l’antipapa Clemente, quando l’Abate di Montecassino parteggiò per l’antipapa.
Allorché Pirro Tomacelli, abate di Montecassino dal 1414 al 1441, accusato di aver commesso abusi e usurpazioni, dovette dare le sue giustificazioni a papa Martino, furono gli abitanti di Castro Cielo a testimoniare in suo favore, con pubblica assemblea, tenuta nel 1418, in piazza Pastena.
Nel 1419 Castro Cielo passò al possesso di Antonio Spinello, barone di Pico e San Giovanni Incarico, per ordine della regina Giovanna Il.
Ma Antonio Spinello dovette molto combattere contro Montecassino, per il possesso di Castro Cielo, conteso anche da Francesco d’Aquino.
Per la definizione della contesa tra Montecassino e Antonio Spinello, la regina Giovanna Il incaricò i cardinali Brando da Piacenza e Giordano Orsini, che decisero in favore di Montecassino, i cui monaci continuarono a possedere Castro Cielo, che allora costituiva unica Università tra il proprio castello e i casali di Colle San Magno e Palazzolo. Siamo nel 1442 e Castro Cielo è governato, per l’abate di Montecassino, da quattro ragguardevoli cittadini. Fu castellano di Castro Cielo tal Crescenzo da San Giorgio.
Del 1442, bisogna riportare l’episodio di Marco della Valle di Angelo. Un certo Paolo aveva incominciato a tiranneggiare, affiancato da molti seguaci, in territorio di Monte Asprano, a tal punto da occupare con la forza Castro Cielo. Ci fu, contro di lui, una congiura, con a capo un prete di Castro Cielo, il Della Valle, appunto, che uccise il tiranno Paolo, per cui dovette essere giudicato dall’abate di Montecassino, il quale peraltro lo assolse.
Nel 1471, Castro Cielo era posseduto da Beatrice Gaetani, marchesa di Pescara, che il Gattola riferisce chiamarsi Baronessa di Castro Cielo, Roccasecca e Pescosolido. La Baronessa, in quegli anni, chiese all’abate di Montecassino il permesso di costruire un mulino a Capo d’Acqua.
Al presente, del Castello di Castro Cielo non rimangono che alcuni tratti di mura perimetrali e qualche porzione di bastione: resti che, pur nella loro esiguità, conferiscono al sito un particolarissimo aspetto, dal sapore di eternità storica nono stante la contraddicente precarietà testimoniata dai segni delle vistose distruzioni. Un paesaggio d’altri tempi, entro cui l’immaginario storico riproduce scene di guerra, rimbombanti d’armi e di zoccoli d’acciaio, con frammiste grida di guerrieri, per i pendii di Monte Asprano, fino a scendere e a collegarsi in sequele di combattimenti nei sottostanti castelli di Colle San Magno e di Roccasecca e nelle soggiacenti pianure.
E’ un panorama meraviglioso: a Sud e ad Ovest la catena dei monti Aurunci e Ausoni; i Lepini, gli Ernici, nel lontano orizzonte; nel mezzo l’intera ampia pianura della valle del Sacco – Liri – Garigliano. Una pianura ben livellata, come se il verde delle campagne avesse sostituito l’azzurra superficie del preistorico lago di questo entroterra. A Est e a Nord il dominante Monte Cairo, con lo stupendo morbido gioco delle rincorrenti vette montuose di Colle San Magno. Nello scoscendimento, verso Castrocielo, i brevi ed aspri tratti di vegetazione sono oggi ancora praticati da ardimentose capre; più cauta mente gruppetti di pecore non si scostano troppo dal sito più agevole al pascolo. Sul crinale di Monte Asprano, a Mezzogiorno, lo sguardo incontra il sottostante castello di Roccasecca, di mansoniana memoria, che ancor oggi sembra contendere il primato al maniero di Castro Cielo.