Castro dei Volsci
Provincia di Frosinone, abitanti 5.176, superficie Kmq 58,24, altitudine m.385
Abitanti: Castresi
Festa patronale: Sant’ Oliva
Frazioni e Località: Madonna del Piano, San Sosio
Comuni limitrofi: Amaseno, Ceccano, Ceprano, Falvaterra, Lenola, Pastena, Pofi, Vallecorsa, Villa Santo Stefano.
Distanza da Frosinone Km. 22
Autostrada: A1 Ceprano – Frosinone
Note storiche
Il comune di Castro dei Volsci giace nella parte orientale della provincia di Frosinone, situato su uno sperone roccioso, sopra cui sorge il centro storico, ed una ricca pianura delimitata dal fiume Sacco. Quando nel 1872 i consiglieri comunali aggiunsero al tradizionale Castro la specificazione “dei Volsci”, intendevano evitare confusioni con altre omonime località accomunate dalla stessa derivazione militare, segnalando, oltre tutto, le origini classiche del luogo.
Castro dei Volsci è sorto al centro di un complesso intreccio viario: ai piedi del colle c’è l’antica via romana che da Anagni, passando per Ceccano, prosegue fino a Fregellae; da essa si dipartono altre due strade: l’una conduce a Vallecorsa, a Fondi e a Gaeta, l’altra, che percorre la valle dell’Amaseno, porta alla Pianura Pontina.
Il territorio di Castro fu abitato sin dal l’antichità, come dimostra l’insediamento di Montenero, oggi abbandonato ma risalente ad epoche remote, che appare circondato da un’ampia cerchia muraria composta da blocchi di pietra molto grandi e sovrapposti con la ben nota tecnica diffusa anticamente nella zona ciociara, ovvero collocati di taglio senza l’uso di malta. La presenza di questa cinta ha fatto nascere la leggenda, tramandata di generazione in generazione, della presenza di una popolazione di giganti. In realtà si tratta di un insediamento eretto dai volsci (si è anche ipotizzato, senza alcun fondamento, l’identità con l’antico centro volsco di Castriminium), consolidatosi con la distruzione delle città romane dell’area: Fregellae e Fabrateria. In epoca romana furono edificate lungo l’antica strada alcune ville rustiche: in particolare a Casale è stato portato alla luce un vasto complesso edilizio. Una delle ville fa parte di un grande impianto termale, nelle vicinanze di una sorgente di acqua sulfurea. E stata scoperta anche la necropoli di una popolazione germanica, fatto questo singolare che può fornire informazioni su un periodo quasi del tutto sconosciuto della storia laziale.
Data la notevole presenza di reperti, attualmente si sta procedendo a sistematici scavi con l’intento di creare un parco archeologico, finanziato anche dalla CEE.
Dopo l’anno Mille, la posizione strategica di Castro fece sì che il villaggio diventasse proprietà dello stato pontificio.
Nel 1151 papa Eugenio III consacrò la rurale Chiesa di Santa Croce e lo stesso anno donò al monastero cistercense di Casamari vasti possedimenti e due chiese nel territorio di Castro.
La Chiesa gestì il feudo di Castro con molto rigore, e nei momenti critici, durante le lotte con gli svevi e Io stato siciliano, nominò rappresentanti della curia papale, a capo della guarnigione castrese. Per questo troviamo diversi anagnini tra i balivi e ciò determinò stretti rapporti fra Anagni e Castro, resi ancora più saldi dalla comune venerazione per Santa Oliva, divenuta patrona di entrambi i villaggi.
Nel 1165 Castro fu conquistato dalle truppe del Barbarossa, guidate dall’arcivescovo Cristiano di Magonza, mentre i rapporti con i vicini signori di Ceccano non furono mai ostili.
Il governo pontificio, a partire dal Duecento, spesso designò rettori e vicari al governo di città e paesi con l’evidente intenzione di legare a sé potenti famiglie. Alla metà del Trecento Castro fu organizzato in comune rurale, e nel XV secolo la comunità fu regolata da uno statuto, emanato dai Colonna, a cui il feudo fu concesso fin dai primi anni del Quattrocento. Alla potente famiglia i castresi rimasero fedeli anche nei momenti più critici, seguendola durante la guerra di Campagna contro papa Paolo IV e nella battaglia di Lepanto al seguito di Marcantonio Il. I Colonna possedettero in Castro circa mille e cento ettari di terreno, la rocca, il mulino sul fiume Sacco e diverse regalie.
Nel corso del XVIII secolo la pacifica comunità castrese registrò un incremento demografico e, nel 1795, furono approntate riforme agrarie. In epoca napoleonica, la presenza di un ampio movimento filo-pontificio favorì la nascita del brigantaggio. Castro divenne, infatti, uno degli epicentri del fenomeno: le bande di malviventi si annidavano nel sicuro triangolo Castro-Sonnino-Vallecorsa, al confine dello stato pontificio. Il brigantaggio ricomparve intorno aI 1825, e dopo il 1870, con la presenza di bande filoborboniche. L’incremento della popolazione portò ad un forte disboscamento per creare terreni atti alla coltivazione. Fallendo, per vari motivi, questo obiettivo, la gente cercò rimedio nell’emigrazione, soprattutto in Francia. Perciò nei primi decenni del Novecento, e soprattutto nel secondo dopoguerra, il centro storico castrese si è spopolato, mentre le aree rurali circostanti ha conosciuto un incremento demografico dovuto all’immigrazione da altre zone. La seconda guerra mondiale è stata un periodo tragico per Castro dei Volsci: nel periodo precedente la liberazione, avvenuta il 27 maggio 1944, ci furono rastrellamenti, deportazioni e fucilazioni da parte tedesca; bombardamenti degli alleati, furti, sevizie e violenze delle truppe nordafricane dell’esercito francese hanno segnato assai duramente il paese. A pace avvenuta Castro dei Volsci ha avviato la ricostruzione dell’abitato pur tra molte difficoltà.
Il centro storico, arroccato sopra una collina, è quello di un tipico paese appenninico: un lento digradare di tetti, case e palazzetti collegati da una fitta rete di vicoli. Pochi gli slarghi e sempre di modeste dimensioni; molto ricco l’arredo urbano realizzato per io più in pietra calcarea lavorata dalle maestranze locali. Sulla sommità del colle, là dove era il castello, di cui restano alcune torri e parti di mura, è stato ricavato un piazzale sul quale è stato eretto il monumento alla “mamma ciociara”, in ricordo delle donne cadute o oltraggiate durante la seconda guerra mondiale. Nei pressi si trova la Parrocchiale di Sant’Oliva in stile barocco, ricostruita più volte. Alcuni indizi fanno pensare che risalga al XII secolo. All’interno sono da segnalare un dipinto tardo settecentesco di scuola romana raffigurante San Francesco Saverio e un San Sebastiano del Mola. Sono inoltre da ricordare la Chiesa di Santa Maria per il bel campanile romanico e la Chiesa di San Tamaro, che forse è l’antica Santa Croce consacrata da Eugenio III nel 1151. La Chiesa di San Nicola è oggi urbana, posta vicino ad una delle antiche porte del paese. L’edificio si presenta con un’architettura poco rilevante, ma l’interno conserva un interessante ciclo pittorico. Si tratta di due serie di storie del Vecchio Testamento e del Vangelo: la prima serie comprende la Creazione, il Peccato originale, l’Uccisione di Abele; la seconda l’Annunciazione e il Presepe. I due cicli appartengono alla scuola benedettina e sono stati fortemente danneggiati da antichi lavori di ampliamento dell’edificio, già oratorio poi trasformato in una chiesa a due navate.
Le tradizioni
L’unica manifestazione folcloristica rimasta secondo consuetudini secolari è lo scambio con gli abitanti di Ausonia: ogni tre anni un folto stuolo di castresi si reca in pellegrinaggio ad Ausonia in occasione della festa della Madonna del Piano, osservando un suggestivo rituale. La manifestazione ebbe inizio appena dopo l’anno Mille, quando, secondo una leggenda, la statua della Madonna s’involò da Castro verso Ausonia e, malgrado gli sforzi dei castresi per recuperarla, “mostrò” di voler rimanere in quella località.
Ad Ausonia fu costruito un Santuario diventato celebre e i castresi vi si recano devotamente a trovare la loro “Madonna”. Nell’occasione vengono ospitati dagli abitanti di Ausonia con cui c’è uno scambio di doni e di cortesie.Il territorio castrese è ampiamente coltivato, ma non esiste un’agricoltura organizzata in modo veramente moderno: la maggior parte della produzione continua ad essere destinata all’autoconsumo familiare ed al piccolo scambio locale.. Sono numerosi i castresi che lavorano nelle aree industriali della zona (Frosinone, Ceprano e Cassino), avendo abbandonato quasi del tutto il pendolarismo verso Roma, così tipico del dopo guerra.
Castro dei Volsci ha mutato volto con uno sviluppo edilizio che, se ha portato alla valorizzazione del territorio, ha trasformato il precedente assetto urbanistico, fondato soprattutto sul ruolo del centro storico.