Boville Ernica
Provincia di Frosinone, abitanti 8742, superficie Kmq 28,13, altitudine m.487
Fino al 1907 si chiamava Bauco
Abitanti: Bovillensi
Festa patronale: San Pietro Ispano
Frazioni e località: Area Castello, Casavitola, Colle Piscioso, Panicelli, San Lucio, Santa Liberata, Scrima
Comuni limitrofi: Monte San Giovanni Campano, Ripi, Strangolagalli, Torrice, Veroli.
Distanza da Frosinone Km. 17
Autostrada: A1 Frosinone
Note Storiche
Boville Ernica è posta a cavaliere fra la valle del Sacco e quella del Liri. Dal colle ove sorge il centro storico si osserva un vasto panorama dell’intera zona centra le della provincia di Frosinone.
Il nome attuale è stato assunto nel 1907, mutando il medioevale Bauco, nome con il quale continua ad essere chiamata da gli abitanti del paese e da molti anziani. Si è adottato il nome di Boville Ernica volendo riprendere la denominazione di un’antica città che sarebbe sorta nell’ambito del territorio comunale, Bovillae, e, per distinguerla da un’altra omonima, già esistente nell’area dei Colli Albani, si è aggettivata Ernica poiché sorge alle estreme propaggini del territorio abitato nel passato dagli ernici.
Bovillae deriverebbe il suo nome dal culto per il dio Bove.
Resti archeologici sono stati rinvenuti in più occasioni: un muro poligonale di terrazzamento, nella cui area è stata trovata una stipe votiva e diversi ex-voto (III secolo a. C. circa), un altro lungo muro e alcuni tratti che fanno pensare alla spianata di una villa romana.
Alla luce di quanto sino ad ora scoperto, si può ritenere che il territorio dell’attuale Boville sia stato popolato dai volsci e dai romani; di questi ultimi si trovano tracce più consistenti lungo le strade che da Veroli conducevano a Casamari e Sora. Il ritrovamento nel 1941 di un sarcofago cristiano in contrada Sacco, contenente resti umani, ha fatto pensare ad una precoce presenza del Cristianesimo nel luogo. Il sarcofago, attribuibile all’era costantiniana, proviene, forse, da un picco lo cimitero o da una cappella cristiana a fianco di una villa rurale.
Gli storici locali sostengono che gli anti chi insediamenti furono devastati dalle incursioni barbariche e che gli abitanti, dopo il tentativo di costruire un nuovo abitato a valle del Colle del Fico, in località Sasso, si sarebbero orientati a popolare l’attuale collina ove sorge il centro storico di Boville.
Il sito fu fortificato con un’imponente cinta muraria, e, grazie alla sua posizione, dette vita ad un abitato duraturo nel tempo.
Intorno al Mille, la stabilizzazione dell’insediamento è confermata dalla presenza di una consistente organizzazione religiosa: le Abbazie di Montecassino e di Subiaco possedevano sei chiese (cinque la prima, una la seconda). A partire dal Duecento anche i cistercensi della vicina Casamari ebbero una loro chiesa e, forse, un convento dentro la cinta urbana. Dal vescovo di Veroli dipendevano cinque parrocchie e un lebbrosario, la cui chiesa fu dedicata a San Leonardo.
Malgrado la imponente fortificazione, il Castello di Boville è stato saccheggiato, incendiato e conquistato più volte: nel 1155 da Guglielmo il Malo, nel 1170 dall’esercito del Barbarossa, nel 1186 da Enrico VI e poi, nel 1194, dalle truppe guidate da Eugenio di Rochemburg. Il motivo di tante battaglie si può attribuire alle lotte del papato con il regno meridionale e con l’impero e alla particolare posizione del paese: un castrum sorto verso i confini, lungo la strada che collegava le terre papali con quelle del regno di Sicilia. Nel 1204 i bovillensi riuscirono a sventare un assalto delle truppe imperiali e sorane guidate da Konrad von Marley. Col favore della notte gli assalitori penetrati entro le prime difese, si accingevano a superare la seconda cinta interna, quando vennero scoperti e respinti.
Dall’episodio gli storici fanno discendere un singolare privilegio concesso al castello: la possibilità di avere un governo autonomo dal potere centrale. Papa Innocenzo III decretò che Bauco fosse governato dai rappresentanti delle principali dodici famiglie. A rotazione, ogni nove mesi, una famiglia delegava un vicario che amministrava la giustizia civile e penale, oltre a governare la comunità. A questa forma di governo, che è stata definita repubblicana, viene fatta risalire una notevole fioritura economica e sociale, nonché edilizia della cittadina. La concessione papale va collocata entro una più generale riorganizzazione dello stato pontificio operata dal papa anagnino Innocenzo III, il quale stabilizzò una forma di governo tradizionale del regime feudale, quella dei consortes, una sorta di potere locale affidato a milites associati. Tuttavia Boville ebbe propri signori feudali; anche se, nei primi tempi della fondazione, il miles di turno dipendeva dal vescovo di Veroli, dovendogli Fìdelitatem et servitium. Nel Trecento ebbero parte preponderante i Crescenzi, i Caracciolo e poi Luca Spinelli.
Anche i Colonna ne ebbero temporaneamente la signoria nel corso del Quattrocento.
Una certa autonomia di governo deve essere sopravvissuta, fino al Cinquecento, quando anche nello stato dei papi cominciano le prime forme di centralizzazione statale. Intorno al 1583, Gregorio XIII pose definitivamente sotto controllo l’amministrazione locale e i governatori vennero nominati da Roma.
Intanto erano accaduti molti importanti avvenimenti nella storia bovillese, due di questi particorarmente negativi: un terremoto nel 1350 e l’attacco nel 1527 e nel 1556 delle milizie spagnole e dei Colonna. Nel XVI secolo però avvennero notevoli processi di trasformazione sociale e di riassetto urbanistico.
L’avvio di tali trasformazioni viene comunemente fatto risalire alla presenza del cardinale Ennio Filonardi, originario di Boville, che fece una rapida carriera nel mondo ecclesiastico romano del primo Cinquecento. I Filonardi costruirono un grande palazzo di famiglia nel luogo ove sorgeva il castello medioevale; poi, in asse con la facciata del castello, tracciarono una breve strada rettilinea, che divenne la principale via del piccolo borgo collinare e, infine, iniziarono il rinnovamento degli edifici delle chiese urbane e rurali. Operò allo stesso modo il vescovo Simoncelli. A lui si deve il palazzo omonimo e la ristrutturazione della Chiesa di San Pietro Ispano, con la costruzione della cappella gentilizia della sua famiglia.
Nel corso del Settecento si verificò una vivace espansione demografica con un incremento del disboscamento per reperire nuove terre coltivabili. Fu anche l’inizio di nuove attività come la coltivazione del l’olivo e la produzione dell’olio che divenne presto un prodotto tipico della zona, l’introduzione dell’allevamento del baco da seta e della lavorazione del filo serico. Fra il secolo XVIII e i primi dell’Ottocento si aprì una “fabbrica di cocci”, probabilmente un’officina per la produzione di stoviglie.
In occasione degli avvenimenti romani e napoletani connessi alla presenza dei francesi rivoluzionari e napoleonici, la popolazione si sollevò dando origine a gravi fatti di sangue.
Superato il periodo napoleonico, Boville fu coinvolta dal fenomeno del brigantaggio e sentì poco il processo di unificazione nazionale. Dopo il crollo dello stato napoletano, i domini del papa furono rifugio degli sbandati borbonici. Proprio a Boville ci fu uno scontro tra delle truppe sabaude che avevano sconfinato e un piccolo gruppo di borbonici sbandati. I soldati piemontesi attaccarono i borbonici a Casamari; questi ultimi ripiegarono su Bauco e si trincerarono nella cittadina. L’esercito sabaudo allora assaltò il paese, ma venne respinto con perdite. In seguito si ricorderà l’episodio con l’elevazione di un monumento agli sfortunati soldati.
Il primo Ottocento vide il declino della lavorazione della seta e delle piante tessili in generale ed un notevole aumento demografico che rese la produzione agricola non più sufficiente a soddisfare i bisogni della comunità.
Il secondo Ottocento, al contrario, è ricordato per la massiccia espansione della coltivazione della vite, per la grande produzione di vino e per il tentativo di estrarre il bitume da scisti del sottosuolo. Tuttavia, nonostante la rinnovata vitalità economica, non fu possibile evitare un massiccio fenomeno di emigrazione di abitanti. Già i bovillesi erano abituati (dal Settecento) all’emigrazione stagionale verso la campagna romana e molte famiglie avevano partecipato ai dissodamenti di nuove terre, nel corso del secolo XVIII, in varie parti del Lazio meridionale. Con l’unità d’Italia, l’emigrazione si diresse prima verso Roma poi verso tutti i paesi che potevano offrire lavoro.
Boville fu uno dei luoghi ove i lavoratori presero presto coscienza della loro condizione e della necessità di un’organizzazione politico-sindacale che contribuisse a migliorare le loro condizioni di vita. Qui sorsero le prime leghe dei contadini: nel 1920 i socialisti si insediarono in comune e nel secondo dopoguerra le organizzazioni leghiste ebbero un notevole ruolo nelle lotte contadine. La seconda guerra mondiale non sembra aver interessato particolarmente il paese, anche se è doveroso ricordare la fucilazione di tre contadini da parte dei tedeschi.
La cerchia muraria è rimasta totalmente in piedi: l’abitato del centro storico è quasi del tutto delimitato dal circuito medioevale, che solo in alcuni luoghi è stato superato da nuove abitazioni. Esistono ancora 18 torri, alcune circolari altre quadrate. Una di esse, massiccia e di maggiori dimensioni rispetto alle altre, posta alle spalle della Chiesa di San Pietro Ispano e collegata al Palazzo Filonardi, sorto sul luogo del castello, si ritiene fosse il maschio del borgo. La posizione di alcune torri circolari, oggi interne ma collegate da mura alla cerchia esterna, fa pensare ad un doppio circuito difensivo, o ad un’addizione dovuta all’espansione del borgo. C’è qualche scrittore locale che parla di una terza cerchia, osservando la conformazione delle strade interne e ricordando le mura abbattute alla fine del l’Ottocento. Nel circuito murario si aprono tre porte: San Francesco, Santa Maria e San Nicola.
Il centro storico conserva la suggestione dei piccoli paesi formati da una fitta rete di stradine, vicoli, piazzette e angoli che sembrano delineati da un inconsapevole architetto. Sul corso si affacciano i principali palazzi e San Michele, la chiesa più importante.
L’ingresso al paese è rappresentato dal piazzale Granatieri di Sardegna dove sorgono il monumento che ricorda la battaglia del 1861 fra soldati del regno d’italia e borbonici e una fontana con una caratteristica “conca” ciociara in pietra.
Sulla balaustra del piazzale è stata collocata una pietra che indica la direzione dei numerosi paesi che si possono vedere da Boville. Porta San Nicola rappresenta l’ingresso monumentale al centro storico; il portale settecentesco, rimaneggiato nel 1865, ricorda l’architettura di Porta Romana di Veroli.
Porta San Francesco è l’altro antico e notevole ingresso di Boville. Si tratta di una porta rimasta allo stato tardomedioevale e ingloblata nel Convento francescano, posto alla sua sinistra. Al di sopra del varco si eleva una robusta torre quadrata, posta a difesa; sul suo fianco destro proseguono le mura.
Nel corso del Cinquecento e del Seicento sono sorti diversi palazzi di pregevole architettura.
Il Palazzo Filonardi è la trasformazione dell’antico Castello di Boville, avvenuta nel Cinquecento, ad opera del cardinale Ennio. Sorge vicino la Chiesa di San Pietro Ispano, nella piazza San Pietro che costituisce il cortile del palazzo.
L’edificio rinascimentale, presenta delle eleganti cornici alle finestre ed un bel portale rinascimentale attribuito al Vignola. L’interno presenta un grande salone sul cui pavimento sono incisi i motivi araldici dei Farnese e dei Della Rovere, famiglie protettrici del cardinale Filonardi. Il Palazzo Simoncelli si eleva lungo il corso Umberto I, eretto dall’omonimo prelato bovillese utilizzando costruzioni preesistenti, con una facciata a tre ordini. L’edificio incorpora la Chiesetta di San Giovanni Battista ove è stato scoperto recentemente un affresco del Domenichino. Il palazzo, già sede del Monastero delle benedettine di clausura, oggi è residenza municipale; la Chiesa di San Giovanni ospita manifestazioni culturali.
La Chiesa di San Michele Arcangelo è la principale di Boville. Si ha notizia di una chiesa con il medesimo nome già dal 1125; l’edificio attuale è stato ricostruito nel Settecento su disegno di Jacopo Subleyras. La facciata è in mattoni, con gli elementi architettonici dei due ordini in pietra. L’interno è suddiviso in tre navate e contiene il cosiddetto “Cappellone”, ovvero la cappella Filonardi con il sepolcro del cardinale Ennio. Sull’altare di San Sebastiano c’è una tela del cavalier d’Arpino e sull’altare di fronte un Sant’Ermidio, opera di Sebastiano Conca. La Chiesa di San Michele possiede molti dipinti attribuiti al Reni e a pittori del Settecento romano.
La Chiesa di San Pietro Ispano è anch’essa molto antica; l’attuale edificio, che è opera del vescovo Simoncelli, fu edificato alla fine del Cinquecento. L’interno è ad una sola navata e conserva nella cripta l’unico elemento visibile della precedente costruzione romanica. Secondo la leggenda sacra, la cripta è la grotta ove per molti anni San Pietro Ispano, un combattente spagnolo contro i musulmani, visse macerando il suo corpo. Il Simoncelli, familiare di Paolo V, ottenne dal papa decorazioni appartenute all’antico edificio di San Pietro in Vaticano; fra queste un angelo musivo attribuito a Giotto, una importantissima reliquia del celebre mosaico “della Navicella”, un busto argenteo attribuito al Cellini, contenente la reliquia di San Pietro Ispano, due angeli del Bregno, una croce in porfido, due bassorilievi in gesso dorato nel XVII secolo, un bassorilievo attribuito al Sansovino rappresentante originariamente la maternità della Madonna, trasformata poi in Sacra Famiglia, una natività ed una incoronazione della Madonna, affreschi seicenteschi, e molte altre pitture e sculture del Seicento e del Settecento.
Recentemente vi è stato portato il sarcofago cristiano del IV secolo, trovato nel territorio di Boville nel 1941. Questo manufatto, quasi sicuramente prodotto da laboratori romani, ha una decorazione simbolica: un graticcio che rappresenta le porte del cielo e sul fregio quattro scene, due dell’antico Testamento, altre due del nuovo. Una di queste è la tradizionale raffigurazione dell’adorazione dei Magi.
Nella Chiesa di Santo Stefano si conserva un’opera del Conca.
Nella Chiesa di San Francesco sono stati scoperti recentemente diversi affreschi: alcuni riconducibili all’arte bizantina, altri del Duecento, del Trecento e del XVII secolo. Nella parete di fronte c’è traccia di un ciclo trecentesco di un allievo di Giotto.
La presenza ditali notevoli opere d’arte insieme ad altre, quali un organo del Seicento, un paliotto d’altare ed un ricchissimo soffitto ligneo del XVII secolo, hanno predestinato questa chiesa per la costituzione di una pinacoteca e quale sede del Museo civico.
Le molte altre chiese urbane conservano un ricco patrimonio di beni artistici, costituito da pale d’altare dipinte dal Seicento all’Ottocento.
Altre chiese sorgono nel territorio, alcune interessanti per la devozione popolare, come il Santuario di Santa Liberata e la Chiesa della Madonna del Latte.
Boville oggi
Boville oggi è uno dei centri economica mente più attivi della provincia. Gran parte della popolazione vive sparsa nella campagna e ha dato vita a fiorenti borgate rurali, tutte sorte lungo le strade di collegamento tra Boville, i centri vicini e le strade statali.
Accanto alla sopravvivenza di un certo artigianato antico, si è sviluppato un florido artigianato moderno: è praticata la lavorazione del ferro e da qualche tempo, giovani artigiani producono cerami che decorate.
Attualmente una gran parte della popolazione è occupata nelle numerose piccole imprese edili specializzate nei diversi settori, che operano in gran parte della regione.
Sussiste ancora un’agricoltura intensiva con una notevole produzione di olio e di vino.
Le tradizioni popolari sono quasi del tutto scomparse, ma stanno nascendo ora altre iniziative.
Si conserva ancora la “gara del cacio”, praticata il giorno di Carnevale. E una gara nel corso della quale si lanciano lungo le strade del paese forme di cacio pecorino, avvolte in fogli di carta paglia ed in una gabbia di spago (si tratta della “ruzzola”, gioco un tempo diffuso in tanti paesi del Lazio).