Itinerario 3

Arpino

Itinerario 3: La Civita Vecchia

Dal piazzale antistante la porta nord di Arpino, si prosegue lungo via Marco Tullio Tirone, costeggiando a sinistra la via Pelagalli, classico modello di fabbrica ottocentesca con residenza padronale, che presenta ambienti raccolti intorno ad un ampio cortile porticato. Vicino alla villa, sorge il moderno complesso dell’Istituto Tecnico Industriale per Chimici “Nicola Parravano”, che segna il punto terminale di una serie di iniziative di istruzione professionale, avviate ad Arpino sin dal sec. XVII.

Superati una serie di tornanti, sul costone della collina, si giunge in vista dell’acropoli arpinate di Civitavecchia (m. 630 s.l.m.), con le sue possenti mura in opera poligonale, riutilizzate nel sistema difensivo medievale. La cinta muraria antica comprendeva, oltre l’arx, la collina di Civita Falconara e la parte bassa della città (con il forum), presentando un circuito di circa tre chilometri.

Le originarie mura volsche (probabilmente costruite nel IV sec. a.C.), sulle quali poco sappiamo, insistevano sull’altura della Civita Falconara. Il rifacimento e soprattutto il grande ampliamento si devono ai Romani e sono quindi successivi al periodo della loro occupazione. Le mura erano particolarmente spesse e di notevole altezza. Sulla Civitavecchia, la porta d’accesso è meritata mente famosa per la sua forma ad ogiva, che ripropone, in dimensioni più grandi, quella di alcune posterulae, aperte in diversi circuiti in opera poligonale per permettere il passaggio del bestiame ovino. Nel caso di Arpino, è probabile che nella scelta costruttiva siano stati decisivi motivi di carattere strutturale. La porta, in epoca medievale, fu chiusa da un torrione difensivo (tagliato nel 1960 per permettere la vista dell’originale ingresso). Fu allora aperta nelle mura un’altra porta a tutto sesto, vicinissima all’alta torre medievale. Tutta la spianata, del resto, presenta l’impostazione funzionale datagli nel medioevo, quando nell’angolo nord orientale della cinta muraria sorse il castrum Civite Veteris, testimoniato da documenti dal 1269, con un’alta torre quadrata (il mastio), fornita di un ballatoio esterno e di un muro a scarpa. Poco resta della dimora del castellano (un tratto di parete, con una porta finestra, addossato sulle mura poligonali) e del recinto perimetrale del castrum, che era rinforzato perlomeno da due torrioni, mentre in anni recenti lo stesso fossato del castello è stato inspiegabilmente colmato con una gradinata in cemento.

Il borgo del castrum si estende, con le sue chiese, al di fuori della rocca; nei pressi di un’aia, nell’estremità sud occidentale, si gode dall’alto uno stupendo panorama, con l’abitato di Arpino mollemente adagiato fra le alture.

Lasciata sulla destra la chiesetta della Santissima Trinità, attraverso il borgo, si percorre la via principale, dal fondo acciottolato. Sulla destra notiamo un’abitazione con le aperture a scivolo convergenti sui lati del portone, che per mettevano nel passato di difendere l’ingresso da briganti e malintenzionati; più oltre, occhieggiano fra la vegetazione i ruderi di una bella casa secentesca, con una grande ed aerea arcata, un caminetto, ecc. Infine, si perviene alla chiesa di San Vito, citata nelle decime del 1308 – 1310 per una contribuzione di due tarì e poi, ancora, in un testamento del 26 settembre 1484, in cui la testatrice disponeva per la sua sepoltura nell’antica tomba di famiglia, nella Cappella dell’Annunciazione; un’iscrizione, a destra dell’altare maggiore, ricorda un restauro nella stessa cappella. Altri restauri dell’edificio furono eseguiti nel 1870 e dopo il terremoto del 1915. La chiesa presenta tuttora essenzialmente una struttura dal XVI al XVII secolo, con un’interessante facciata in pietra locale. Nell’interno, suddiviso in tre navate e molto rimaneggiato, si osservano una tela del Cavalier d’Arpino con S. Vito, S. Crescenzo e S. Modesto, una statua lignea di San Vito dello scultore Michele Stoltz, l’organo secentesco ed il soffitto in legno della sacrestia (sec. XVII).