Arpino Moderna

Arpino

Le vicende storiche – Arpino in età moderna

Dopo l’aperta ribellione di diversi Baroni, fra i quali ancora Giovanni della Rovere, il re Federico nel 1496 si mosse a conquistare il Ducato di Sora e le altre sue Terre. In seguito a questa operazione, trasferì il Marchesato di Arpino ad Alfonso Davalos.

Nel 1568 nacque il noto pittore Giuseppe Cesàri, detto “il Cavalier d’Arpino”. Nel 1583, Giacomo Boncompagni comprava da Francesco Maria della Rovere il Ducato di Sora e da Alfonso Davalos la Contea di Aquino, che comprendeva Arpino. Successivamente Arpino fu coinvolta nelle diverse vicende storiche del Ducato di Sora.

In uno stucco degli inizi del XVII secolo (Isola del Liri, Castello Boncompagni), possiamo vedere com’era allora Arpino, benché le necessità illustrative abbiano spinto l’Autore a deformare in parte la rappresentazione prospettica.

Nel 1623 fu pubblicata a Napoli l’opera “L’antica Arpino” di Bernardo Clavelli, un antesignano della storiografia locale. Nel suo volume, suddiviso in sei libri, si distingue l’ampia bibliografia, che dimostra la serietà dell’impegno dell’Autore, così come le indicazioni esplicative e l’indice analitico. Aldilà delle derivazioni mitiche e delle rievocazioni storiche, il libro si apprezza per alcune annotazioni che riguardano Arpino e il suo territorio.

La tranquilla vita degli Arpinati fu scossa nel 1654 da un terribile terremoto, con epicentro fra Sora ed Arpino, che colpì la Media Valle del Liri. A Sora vi furono 400 morti, ad Arpino 115, ad Isola del Liri 31, ad Arce 11 e a Pescosolido 7. Ad Arpino fu gravemente colpito il quartiere di Civitavecchia e nel centro urbano crollò il vecchio campanile di San Michele Arcangelo e fu danneggiata la facciata della stessa Chiesa.

Conosciamo sufficientemente l’urbanistica di Arpino agli inizi del sec. XVIII dalla “Nuova et esatta pianta di Arpino” di Giovanni Andrea Primo Campione: ad un’area edificata che insiste sull’attuale Piazza del Municipio è apposta la seguente didascalia “La Curia d’Arpino e Palazzo Ducale stanno situati di riscontro alla facciata maggiore di S. Arcangelo”. Questa pianta è la più antica delle rappresentazioni topografiche di Arpino ed è quindi molto importante per la ricostruzione storico – urbanistica di questo centro, essendo particolarmente indicati chiese e conventi, ospedali, edifici industriali, vie, piazze, ecc. Da quanto si riscontra nella Carta di Campione (così come dai già citati documenti dell’Archivio Storico Comunale del periodo 1814 – 1819 e dalla ricordata Pianta di un pubblico edificio), si rileva che le costruzioni relative al Palazzo Ducale nel passato occupavano circa la metà della Piazza attuale.

Molto meno attendibile appare la rappresentazione di Arpino, in chiave pittoresca, contenuta nel Cabreo del 1739, conservata a Roma, presso l’Archivio del Gran Maestro dell’Ordine di Malta. La città è vista probabilmente dalla zona attigua alla Porta del Ponte.

Agli inizi del sec. XVIII, grazie alle nuove tecnologie introdotte dall’imprenditore francese Baduel, si sviluppò ad Arpino una fiorente industria laniera. Sullo sfondo di una generale politica protezionistica, Antonio I Boncompagni incentivò le attività industriali nel Ducato, concedendo fra l’altro notevoli prestiti a vari mercanti di Arpino, per una somma complessiva di 6.600 ducati. Nel 1731, le rendite di Arpino ammonta vano a 2595 ducati e quelle delle valche di Carnello erano di 3705. L’importanza assunta dalle attività industriali arpinati è sottolineata dal fatto che nel 1744 il re Carlo III di Borbone visitò le fabbriche della città, essendo ospitato dall’imprenditore Filippo Quadrini.

Alla metà del secolo, circa un quarto della popolazione arpinate era impegnato nel settore della produzione laniera. In questo periodo, erano in funzione diverse rilevanti imprese, fra le quali quelle dei Ciccodicola, dei Quadrini, di Giuseppe Giordano e Marco Candido e infine dei Battiloro, che nel 1715 erano riusciti ad impossessarsi delle valche di Carnello.

Negli anni successivi, si ebbe tuttavia uno scadimento nella qualità del prodotto finito, soprattutto perché Gaetano Boncompagni, insediatosi a Roma, si disinteressava del suo Ducato. L’organizzazione produttiva ad Arpino si basava essenzialmente sul lavoro dipendente a domicilio e su quello autonomo di tipo artigianale.

Nel 1796, con l’abolizione della feudalità, l’edificio della “Curia”, già appartenente alla famiglia Boncompagni, passò al demanio pubblico. Seguì poi l’occupazione francese, con la formazione dei nuovi Consigli Comunali.

Dopo periodi alterni, dal 1855 al 1860 si ebbe ad Arpino una buona ripresa industriale, con il nuovo periodo di sviluppo, contrassegnato dalla forte presenza di circa 25 fabbriche, alcune di notevoli dimensioni.

Dopo l’unificazione italiana, l’abolizione del regime protezionistico provocò gravi danni ed uno stato di profonda crisi nell’industria laniera arpinate, che fra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento giunse alla cessazione delle attività.