Alatri
Provincia di Frosinone, abitanti 28.884 (Fonte Istat 2017), superficie Kmq 96,84, altitudine m.502
Abitanti: Alatrensi o Alatrini
Festa patronale: San Sisto
Frazioni e località: Collelavena, Fraschette, Monte San Marino, Pignano, Tecchiena.
Comuni limitrofi del Lazio: Collepardo, Ferentino, Frosinone, Fumone, Guarcino, Trivigliano, Veroli, Vico nel Lazio.
Distanza da Frosinone Km. 13
Autostrada: A1 Frosinone
La storia
Alatri è posta al centro della Ciociaria storica, fra le città di Ferentino, Frosinone e Veroli. Il suo territorio è suddiviso in due zone: la prima in cui sorge la città e risiede la popolazione, l’altra una spopolata zona montana posta oltre il comune di Collepardo al confine orientale del Lazio vicino all’Abruzzo. Il nome deriva dalla parola latina Aletrium, toponimo che risale al tempo degli ernici, popolo a cui la cittadina appartenne in età antica e che aveva colonizzato tutte le colline, nella parte orientale dell’attuale provincia di Frosinone, prospicienti la valle del Sacco.
Alatri è una delle città più ricche del Lazio meridionale quanto a beni artistici e culturali. Alcuni dei suoi monumenti, secondo gli archeologi del nostro secolo, vanno collocati tra gli ultimi tempi della civiltà ernica e l’inizio della dominazione romana.Oltre ai templi dedicati a Venere e Giove, di cui si conserva solo la memoria in alcune epigrafi, la città possiede una notevole cinta muraria e l’importante ed imponente acropoli.
La costruzione del gigantesco complesso dell’acropoli, ad Alatri chiamato comunemente civita, è stata realizzata mediante il taglio della collina calcarea per ottenere grandi blocchi, collocati ai piedi della collina stessa e fatti combaciare mediante opportuno incastro. La grande acropoli, di forma trapezoidale, misura circa 19.000 metri quadrati, ed emerge oggi dalla via Gregoriana, costruita nel 1843, offrendosi come un’opera colossale. Lungo il suo circuito murario si aprono due porte: una di dimensioni ridotte, che immette sulla spianata dell’acropoli con una scalea in terna, e l’altra, maggiore, che è giusta mente considerata un monumento a sé stante per la sua imponenza. Elementi caratteristici di questo circuito sono le tre nicchie che precedono la porta maggiore: secondo gli studiosi servivano per con tenere le statue degli dei protettori della città. Dopo quest’ultima porta, la strada antemurale scende e si eleva il cosiddetto “Pizzale”, un alto sperone costruito da quindici grandi blocchi, rastremati verso l’alto che formano l’angolo orientale delle mura. La pietra angolare di base contiene un bassorilievo che è stato interpretato come un globo solare, in omaggio al sole che sorge da questo lato. Sull’acropoli c’era un grande tempio, i cui resti, probabilmente, sono stati reimpiegati per edificare costruzioni medioevali e la chiesa più importante di Alatri. E interessante la pagina del Gregorovius che descrive la civita: “un meraviglioso monumento …di cui non trovasi l’eguale in tutto il Lazio … Allorquando mi trovai dinanzi a quella nera costruzione titanica, conservata in ottimo stato, quasi non contasse secoli e secoli, ma soltanto anni, provai un’ammirazione per la forza umana… . Qui vediamo dinanzi a noi mura colossali di cui ogni pietra non è un grosso pezzo quadrato, ma un vero macigno di forma irregolare, e se ci domandiamo meravigliati con quali mezzi si siano potuti collocare tali massi gli uni sugli altri, si arriva ancor meno a comprendere come sia stato possibile incastrarli gli uni negli altri, in modo da non lasciare il minimo interstizio, producendo l’effetto di un gigantesco mosaico lavorato con la massiccia precisione. La tradizione attribuisce questo genere di costruzione degli antichissimi templi latini, ai templi di Saturno, e li sbalza addirittura fuori dal periodo della civiltà storica. . . .La loro vista sola basta a convincerci che una razza che poté costruire tali mura, doveva già possedere un’importante cultura e leggi ordinate”.
Alatri fece dunque parte della confederazione ernica, che aveva in Anagni la propria città sacra, anche se gli ernici partecipavano alle feste latine in onore di Giove e si schierarono con i latini contro i romani. Nei secoli V e IV a.C. la sconfitta militare delle popolazioni avversarie consentì a Roma di egemonizzare il Lazio. L’ultimo scontro avvenne durante le guerre sannitiche, quando la confederazione ernica si spaccò: Anagni si schierò contro Roma, mentre Alatri ed altre città rimasero fedeli agli antichi alleati. Gli ernici, sconfitti, nel 306 a.C., perdettero gran parte dei diritti che furono invece confermati dai romani ad Alatri e agli altri alleati. Dopo la legge Julia, la città ricevette un ordinamento pubblico ispirato alle istituzioni romane.
Nella storia di Alatri è degno di particolare menzione il censore L. Betilieno V. ricordato in una iscrizione databile fra ed il 90 a.C. L’epigrafe è piuttosto importante poiché testimonia l’opera di questo magistrato che fece eseguire diversi lavori pubblici durante il suo periodo di governo. Sulla tavola marmorea sono elencati i lavori realizzati: tutte le strade città, il portico che conduce e immette nell’acropoli, il piazzale per il gioco, l’orologio, il mercato, il completamento della basilica, i sedili, la vasca delle terme, il serbatoio per conservare l’acqua in città (alto ben 340 piedi), archi e tubi per l’acquedotto. Secondo Angelo Sacchetti Sassetti, il maggiore storico di Alatri Betilieno fece lastricare le strade della città, manufatto che ancora si ritrova in tatto a qualche metro sotto l’attuale pavimentazione. Il portico invece era una grande via coperta che consentiva ai cittadini di accedere all’acropoli e quindi al tempio principale della città. Gli altri lavori realizzati da Betilieno servirono a completare la rete dei servizi pubblici. Ma l’opera certamente più rilevante fu quella dell’acquedotto, le cui sorgenti erano poste molto lontano dalla città, nel territorio oggi appartenente al comune di Guarcino. In epoca romana il territorio era intensamente colonizzato dalle popolazioni che vivevano sparse in pagi. Ne sono prova i numerosi ritrovamenti archeologici, fra i quali tombe e templi dedicati a divinità diverse, uno dei quali è stato costruito in forme ipotetiche nel museo romano di Villa Giulia. L’insediamento sparso deve essere continuato per secoli, almeno fino alla drastica riduzione degli abitanti e al loro concentramento entro le mura della città per motivi di sicurezza. Se è leggendaria la fondazione della chiesa locale da parte dello stesso San Pietro, è sicuramente provato che nel VI secolo il Cristianesimo era ampiamente affermato nella zona ove veniva fondato un cenobio in area rurale. Secondo una pia tradizione, San Benedetto da Norcia sostò nel monastero durante il viaggio da Subiaco a Montecassino.
Alatri è coinvolta nelle controversie romane e laziali a proposito dell’elezione del vescovo di Roma, il quale, ben presto, acquista una reale giurisdizione sul Lazio. In questo periodo la città è ricordata da un diploma di Ludovico il Pio, nell’817, come posta ai confini della zona soggetta al papa. C’è un nuovo ordinamento del territorio, compaiono i consoli e i duchi, e ad Alatri se ne ricorda uno, Benedetto, il quale, in questi anni di profonda decadenza, riveste un ruolo eminente anche sulle località vicine. Durante i conflitti tra il papato e l’impero ottoniano, si mette in rilievo il cardinale Ugo d’Alatri, il quale, mentre i soldati di Enrico V assediano le navi ove è riparato papa Gelasio Il, non esita a salvarlo e a condurlo a riva nascondendolo nel Castello di San Paolo e Andrea. Forse per ricompensa Ugo viene nominato legato a Benevento. Un suo nipote, Pandolfo, scrive le vite dei papi Vittore III, Pasquale II, Gelasio I! Callisto II e Onorio Il. Alatri, mercé il suo vescovo, partecipa alle vicende dello scisma che pongono in contrasto papa Innocenzo I! e l’antipapa Anacleto Il.. Durante lo scisma si ha uno degli avvenimenti più sentiti della storia religiosa della città: l’arrivo delle reliquie di papa Sisto I da Roma. Secondo la leggenda, le reliquie vengono concesse agli abitanti d’ Alife, ma la mula, che porta il carico, prende la strada di Alatri e l’arrivo delle sacre spoglie fa cessare il morbo da cui era afflitta la città.
Negli anni in cui Roma si erige a libero comune, dichiarando decaduto il potere dei papi, la nuova forma istituzionale si diffonde in tutto il Lazio: ad Alatri compare nel 1173 e la magistratura dei consoli dura fino al 1241, quando viene eletto il primo podestà. Successivamente il comune diventa popolare senza una vera e propria svolta istituzionale poiché i poteri militari e di polizia sono già detenuti dai rappresentanti delle carcìe (i rioni in cui era suddivisa la città) strettamente legati al popolo. I problemi, comunque vengono sempre affrontati dal governo locale con la collaborazione dei vescovi e con l’appoggio dei papi. NeI 1186 la città, durante le lotte del papato contro l’impero, deve subire l’assedio dell’esercito germanico guidato dallo stesso imperatore Enrico VI ma esce positivamente dalla prova. Nei successivi conflitti fra Federico Il ed il papato, Alatri rimane ancora fedele al pontefice e stipula un trattato di mutua difesa con Roma.
Il Duecento è il secolo che maggiormente vede impegnato il comune in una politica d’espansione territoriale: nel 1232 contesta a Collepardo il possesso delle montagne attorno a Trisulti, nel 1240, approfittando della politica aggressiva di Federico Il, Alatri attacca Guarcino. Gli alatrini bruciano trecento case e , I’anno dopo, obbligano i collepardesi ad un transizione in forza della quale Alatri domina il piccolo borgo. Segno della sottomissione è il “ballo sacro” a cui sono obbligati i collepardesi nei giorni della festa del santo patrono alatrino, San Sisto. La festa si tiene il mercoledì dopo Pasqua: venticinque collepardesi sono obbligati a raggiungere Alatri, armati ed accompagnati da un piffero. Dopo aver deposto le armi, ballano per rendere omaggio ai magistrati cittadini e li accompagnano, sempre ballando, alla cappella di San Sisto.
L’ultimo paese ad essere aggredito è Ferentino, per il Castello di Tecchiena. Il conflitto per questo castello, non si sa se autonomo o in qualche modo dipendente da Alatri, risale al 1188 quando i ferentinesi bruciano il castrum.
Il contrasto tra il papato e gli ultimi svevi incide anche nella società locale creando divisioni fra le famiglie nobiliari: alcune parteggiano con gli svevi, altre si schierano con gli angioini. Partigiano di queste ultime è il cardinale Gottifredo, la cui famiglia, oriunda di Guarcino, è una delle più importanti di Alatri. Egli ha un notevole ruolo tanto che diventa podestà neI 1286 e per celebrare la sua carica, edifica nel luogo centrale della città un imponente palazzo.
La politica di espansione di Alatri continua sottomettendo Trivigliano e, durante la guerra dei vespri, aggredendo Vico.
In tutto il Duecento il comune di Alatri, pur riconoscendo formalmente la sovranità pontificia, sviluppa una politica autonoma.
La politica di aggressione e di espansione territoriale verso i vicini cessa solo quando violente discordie scoppiano tra le fazioni nobiliari della città. Malgrado l’intervento papale, le lotte civili durano fino aI 1296 quando la situazione è risolta con un’accorta azione giudiziaria.
Nelle agitate vicende conseguenti all’aggressione contro Bonifacio VIII, Alatri, in lega con Ferentino e diversi baroni dei luoghi, prima si schiera contro i Caetani, poi, ben presto, esce dalla lega per un rivolgimento politico interno. Nel corso del 1305 il partito nobiliare viene spodestato dagli artigiani e dai mercanti. Il popolo passa allora dalla parte dei Caetani e viene continuata la politica di espansione territoriale verso Vico e addirittura verso Frosinone: ambedue i castelli sono costretti a partecipare al parlamento di Alatri e a condurre guerra assieme al comune alatrino.
Alatri e i baroni
Alatri è divenuta un potente comune ma le minacce sono continue. La più grande viene dal nobile Francesco de Ceccano che tenta di impadronirsi della città: occupata l’acropoli, potrà esserne “discacciato” soltanto nel 1326. Sulla città alta, ormai sgombra dalle fortificazioni, rimane in piedi la sola Cattedrale di San Paolo e gli abitanti vanno a vivere nella parte bassa. Da questo momento Alatri attuerà una durissima politica contro i baroni, vietando persino il loro pernottamento in città. Malgrado reiterate controversie, dovute soprattutto alla definizione dei confini, fino alla metà del secolo XIV, Alatri mantiene il suo dominio politico-territoriale sopra quattro castelli: Torre, Trivigliano, Vico e Collepardo. Con ciascuno ha stipulato patti specifici e intrattiene relazioni particolari, ma tutti devono partecipare alla sua vita politica.
La missione del cardinale Egidio di Albornoz, voluta per rimettere ordine nel lo stato, costringe il comune alatrino a restituire la signoria su Trivigliano e a riconoscere il dominio dei Caetani su Torre. Ma le Constitutiones Aegidianae infastidiscono baroni e città e gli scontenti, fra cui il comune di Alatri, si alleano e assalgono la rocca di Ferentino, sede del rettore di Marittima e Campagna: Alatri sarà condannata ad una pesante multa e a risarcire i danni provocati.
Durante lo scisma d’occidente la città rimane fedele a Urbano VI, anche perché occupata dalle milizie papali. Malgrado questa presenza, Onorato Caetani riesce ad entrare in Alatri e a catturare quaranta nobili. Gli abitanti, per timore di altre scorrerie, nominano loro signori Adenolfo e Ildebrandino Conti, sottraendo il potere alla Chiesa, ma il papato, dopo qual che tempo, riprende il controllo della situazione. Nel Quattrocento la cittadina è impegnata in una serie di controversie territoriali con Veroli e Frosinone ma, soprattutto, deve combattere un tentativo collepardese di tornare all’autonomia comunale. Questo castello rivendica il riconoscimento della sua libertà e approfitta della situazione creata dalla politica di Ladislao di Durazzo, re di Napoli, che divide Alatri fra suoi sostenitori e suoi nemici. Il nuovo papa, Martino IV, della famiglia Colonna, a sua volta approfitta della situazione per infeudare ai suoi familiari i castelli già sottoposti ad Alatri.
I papi e le grandi famiglie
Così la città perde definitivamente il suo piccolo stato e, in particolare, Collepardo. Nel corso del Cinquecento continuano le controversie territoriali con i paesi vicini e, in seguito al “sacco di Roma”, avviene l’occupazione degli spagnoli che lasciano la città impoverita, preda della peste e con le mura rase al suolo. In questo secolo il comune perde definitivamente la sua autonomia politica e diviene terra di bottino per gli amministratori del potere della Chiesa privi di ogni scrupolo, nei confronti della cittadina.
Fra i personaggi illustri vissuti ad Alatri nel Cinquecento è da ricordare Egnazio Danti, vescovo della città ma perugino d’origine. Noto cultore di scienze, ma an che di filosofia e teologia, è famoso per aver disegnato le carte geografiche degli armadi in Palazzo Vecchio a Firenze per incarico dei Medici e per aver progettato il quadrante astronomico e l’armilla equinoziale, posti sulla facciata di Santa Maria Novella. Scrittore prolifico e docente negli studia di Firenze e Bologna, viene utilizzato dal papato per compiere rilievi topografici in Umbria e per disegnare le famosissime carte geografiche d’Italia della Galleria Vaticana. In Alatri riorganizza la diocesi secondo le disposizioni tridentine ed è l’artefice di un forte rinnovamento della chiesa locale.
Il Seicento è denso di avvenimenti non sempre positivi per la comunità: si assiste ai terremoti del 1617 e del 1654 e alla peste del 1656 che miete molte vittime e arreca molti danni economici dovuti al blocco del commercio.
Il Settecento si apre con avvenimenti più favorevoli: la comunità si dota di un’amministrazione più snella, anche se più restrittiva, abolendo i parlamenti, troppo numerosi, formati dai rappresentanti di tutte le famiglie a favore di due organismi più ristretti e designati su base sociale. Nel corso del secolo la città raggiunge gli ottomi la abitanti e viene istituita una scuola pubblica affidata ai padri Scolopi. La fine del Settecento vede Alatri nel pieno della tempesta suscitata dall’arrivo in Italia del le armate napoleoniche. In città c’è un vasto seguito per le idee giacobine francesi e la proclamazione della repubblica romana consente al gruppo di filofrancesi di emergere. La ribellione popolare del luglio 1798 però abbatte violentemente questo ceto dirigente con un feroce massacro. Brigantaggio e lotta per la supremazia segnano la storia alatrina di questi decenni: la successiva restaurazione non è un periodo facile poiché l’intera zona è ancora sconvolta dagli avvenimenti precedenti e porta i segni dovuti all’arretratezza dello stato pontificio. Ci sono tentativi volti a risollevare le sorti della cittadina: si istituisce una cattedra di diritto presso il collegio degli Scolopi e si fonda un’accademia ernica ma i provvedimenti più urgenti, di natura economica e sociale, non vengono avviati. Nel 1843 la venuta di papa Gregorio XVI è l’occasione per grandiose celebrazioni e per la realizzazione della strada antemurale all’acropoli, voluta per consentire al papa di poter visitare il monumento.
Nel 1830 si ha un tentativo di sommossa popolare finita con l’arresto dei due popolani promotori. La città dovrà condividere le sorti dello stato pontificio per tutto il Risorgimento, anche se da Alatri proviene un patriota repubblicano quale Sisto Vinciguerra, deputato alla costituente romana e poi esule a Genova sino al 1871, e alcune decine di volontari partono col battaglione Durando e poi partecipano alla difesa della repubblica nel 1849: qualcuno cade combattendo, altri continuano sino all’ultimo, seguendo Garibaldi, nel tentativo di giungere a Venezia.
Nei decenni successivi all’unità d’Italia, malgrado la città raggiunga una popolazione di quasi tredicimila abitanti, non si nota un forte rinnovamento, anche se ci sono alcune novità. Si assiste al potenziamento dei servizi di assistenza, alla statalizzazione del collegio Conti Gentili, alla costruzione di una rete ferroviaria vicinale, che collega Roma con Alatri e fa cadere l’isolamento in cui si trova la città, lontana dalle principali vie di comunicazione. Negli anni postunitari alcuni alatrensi si segnalano per le loro doti culturali: il vescovo scrittore di storia municipale Luigi De Persiis, lo studioso di linguistica Luigi Ceci, il dantista Luigi Pietrobono.
Le lotte politiche del primo dopoguerra vengono segnate anche da scontri fra il forte partito cattolico e l’emergente fascismo. Passato il ventennio, durante la seconda guerra mondiale, sorge ad Alatri un notevole movimento di resistenza. Dopo la guerra anche se l’industrializzazione di fatto rimane lontana dal suo territorio, Alatri diviene una città florida economicamente. Sparisce il latifondo, sparisce il tradizionale artigianato, ormai poco produttivo, e la città potenzia le proprie attività commerciali.
Le chiese, i palazzi, i monumenti
Sulla spianata dell’acropoli, dal secolo XIV, sorge la Cattedrale di San Paolo di Alatri, oggi concattedrale della diocesi di Anagni-Alatri. Le sue origini datano al 930, ma l’edificio, così come appare, è il prodotto delle trasformazioni volute dal vescovo Francesco Cavallini e progettate dall’architetto Jacopo Subleyras intorno alla metà del Settecento. Gli ultimi lavori vennero realizzati sul finire dello stesso secolo e agli inizi dell’Ottocento. La costruzione si innalza sopra un podio e vi si accede per mezzo di un’ampia scalinata. Dietro la facciata c’è un grande vestibolo attraverso il quale si entra nella chiesa barocca. La chiesa è ad una sola navata con diverse cappelle laterali, ha il presbiterio rialzato e conserva poche testimonianze della chiesa romanica: i frammenti di un altare, un pannello del pergamo, un pluteo istoriato. Vi sono esposte opere d’arte di diversi secoli; fra queste si rammenta un quadro del Balbi, una copia della Crocefissione di Guido Reni, la statua di San Sisto dal volto realizzato in argento sbalzato e cesellato nel 1584, il gruppo ligneo della Madonna del Suffragio del 1639 e un interessante coro settecentesco.
Nella cattedrale ha la propria sede, nell’oratorio eretto nel 1429, la confraternita di San Sisto. Lì si conserva la sacra particola, che ricorda il miracolo eucaristico avvenuto nel 1227: una giovane donna trattenne nella bocca la particola con cui si era comunicata; nascostala, dopo tre giorni scoprì che il pane si era trasformato in carne.
Lo specchio dell’intera città è la piazza principale o piazza di Santa Maria Maggiore, sulla quale si affacciano l’omonima chiesa, il Palazzo comunale, il Liceo Conti Gentili, la Chiesa degli Scolopi. Al centro la Fontana Pia e altri monumenti di diverse epoche. La Chiesa di Santa Ma ria Maggiore è una collegiata sorta su un tempio pagano. Il primitivo tempio cri stiano fu ampliato in epoca romanica e poi fu trasformato nel Duecento secondo i canoni gotici. La facciata è molto semplice e presenta tre porte al di sopra delle quali è un grande rosone fiorito. Sul lato destro vi è un tozzo campanile che sporge appena dal tetto.
L’interno a tre navate ha le volte a crociera e si distingue per la sua sobria eleganza. Sul lato sinistro, nel corso del secolo XVII, sono state aperte cinque cappelle decorate a stucchi. La prima cappella conserva il tesoro artistico della collegiata: sculture lignee del secolo XII, comprendenti la cosiddetta Madonna di Costantinopoli, un trittico, una Madonna del secolo XVI, una colonna candelabro del secolo XIII.
Sono custoditi, inoltre, due sportelli lignei della nicchia in cui era conservata la sta tua della Vergine e il trittico di Antonio d’Alatri, del Quattrocento, rappresentante il Redentore fra la Madonna col Bambino e San Sebastiano.
Ancora nella stessa chiesa sono un’iscrizione latina riguardante il primitivo tempio dedicato a Giove, un ricco patrimonio di pale d’altare e un affresco trecentesco rappresentante la cosiddetta Madonna della Libera.
La Chiesa degli Scolopi, dedicata allo sposalizio della Vergine, è stata costruita nel Settecento ma non ultimata, poi ché mancano i due campanili progettati. L’interno è a croce greca e sugli altari campeggiano pale settecentesche. Il contiguo Palazzo Conti Gentili è stato rimaneggiato nel 1532 e nel 1580-83; infine, nel corso del Settecento e dell’Ottocento furono eseguiti i lavori di ristrutturazione per farne un edificio scolastico. Sulla facciata campeggia un orologio solare costruito nella seconda metà del secolo scorso. Dal 1729 al 1971 il palazzo è stato la sede del Collegio delle Scuole Pie. Annessa al liceo c’è una biblioteca storica, che possiede anche manoscritti e documenti medioevali. Al centro della piazza si trova la Fontana Pia, eretta nel 1870 e dedicata a Pio IX in ricordo del contributo dato alla città per la costruzione dell’acquedotto che da Trovalle porta l’acqua ad Alatri. Il progetto per la realizzazione dell’acquedotto, firmato dall’astronomo Angelo Sacchi e dall’ingegnere romano Giuseppe Olivieri, fu fatto, accogliendo la volontà papale, nel 1863.
Vicino alla piazza principale è l’antica Chiesa di Santo Stefano, ricostruita nel 1284 e poi una seconda volta alla fine del Cinquecento, quando venne eretto l’annesso Monastero delle benedettine. Rimaneggiata nel Seicento e nel Settecento, all’interno delle due navate sono presenti decorazioni a stucchi. Da segnalare la pala d’altare del Palazzetti rappresentante la Vocazione di San Matteo. Sul campanile ancora rintocca una campana del secolo VI, che si dice donata da San Benedetto al Monastero di San Sebastiano in occasione del suo passaggio per Alatri. Sempre dalla piazza maggiore si scende verso la Chiesa di San Francesco, tenuta dai francescani, i quali, dalla primitiva Chiesa di Sant’Arcangelo fuori le mura, si insediarono in un’area fra le più inportanti della città. Eretta nella seconda metà del Duecento, presenta una facciata molto lineare con portale e ricco rosone molto simile a quello di Santa Maria Maggiore. L’interno, a navata unica, è stato ricostruito nel corso del Seicento, secondo i dettami barocchi.
La Chiesa di San Silvestro è una delle più antiche chiese della città: è stata infatti eretta fra il decimo e l’undicesimo secolo. La facciata è assai sobria. L’edificio a due navate è una costruzione asimmetrica di una tipologia abbastanza diffusa in molti luoghi della Ciociaria. Il tempio è giustamente famoso per i pregevoli affreschi e per la cripta, che è più antica dell’edificio soprastante. Danneggiata durante la seconda guerra mondiale, durante la quale sono andati perduti vari affreschi, fra i quali una Fuga in Egitto, presenta dipinti che risalgono al Medioevo e al primo Rinascimento. Nel catino absidale vi è una Incoronazione della Madonna con santi, realizzata forse nel Duecento, mentre vicino è affrescato un più antico San Silvestro. Sulla parete destra vi sono una Teoria di Santi e una Deposizione risalenti al Quattrocento. La cripta, piuttosto rozza, ha alle pareti tracce di affreschi.
Al centro della città sorge il trivio, il punto nodale dell’intera vita cittadina. Esso nasce dalla confluenza delle tre principali strade: corso della Repubblica, corso Vittorio Emanuele e corso Cavour. Proprio sul trivio si erge uno dei principali edifici laici medioevali di Alatri: il Palazzo Gottifredi con la vicina casa-torre di epoca romanica.
L’interno del palazzo, che risulta molto danneggiato, appare incompleto nei piani superiori e presenta a nudo le possenti strutture romaniche su cui si innestarono gli elementi gotici: una commistione tipica dell’architettura del Duecento campano.
Il centro storico è tutto interno all’antico circuito murario megalitico che, nel lato meridionale, è stato allargato per con sentire l’espansione medioevale della città. Nel circuito, così come appare oggi, sono aperti sei varchi, di cui uno di recente, che immette direttamente alla piazza Santa Maria. Le porte antiche sono denominate San Benedetto, San Francesco, San Nicola e San Pietro perché vicine, o corrispondenti, alle omonime chiese, ancora esistenti o distrutte. L’ultima delle porte, l’unica che non ha un nome religioso è la Porta Portati che è fortificata per mezzo di un torrione posto di traverso rispetto alle mura. La Porta San Benedetto è piccola e non consente il passaggio al suo interno dei veicoli, è costruita con pochi grandi massi ed è l’unica a presentare un monolite per architrave. Porta San Francesco è stata ricavata, nell’Ottocento, aprendo un varco attraverso le antiche mura megalitiche, secondo il progetto dell’architetto Subleyras. Essa presenta un largo vestibolo costruito per aumentarne le capacità difensive. Non lontano è la Chiesa di San Benedetto. La Porta San Nicola è uno degli accessi medioevali alla città dalla parte orientale: attualmente è diruta e presenta tracce consistenti delle trasformazioni ottocentesche, realizzate su disegno del Subleyras. Porta San Pietro è rivolta a nord, verso il colle San Pietro ove sorgevano l’omonima chiesa e il convento.. Attualmente presenta imponenti mura laterali composte da macigni, a rammentare l’antica porta ernica denominata Bellona. Ai suoi lati si notano alcuni bassorilievi, probabilmente simboli fallici.