Arpino Medioevale
Le vicende storiche – Arpino medievale
Nel 702 i Longobardi, che avevano già occupato Aquino ed Atina, sotto la guida di Gisulfo I presero Sora, Arpino ed Arce, estendendo e rafforzando i confini del Ducato di Benevento, sul corso del Liri, nei confronti del Ducato romano. I tre centri sono definiti come oppida, con riferimento alle cinte fortificate di Sora e di Arpino, ma la rapida conquista di Gisulfo fu favorita sia dalle cattive condizioni in cui certamente le mura si trovavano sia dalla consistenza demografica ridotta, che non permetteva più la difesa dei lunghi circuiti murari.
Sora fu allora scelta come sede di un gastaldato che comprendeva sia Aquinum che Casinum.
Nel quadro delle lotte fra i Longobardi, il principe di Salerno Ademario, per poter contrastare il gastaldo di Sora Landolfo, chiamò in aiuto Guido di Spoleto, al quale come compenso trasferì Sora, Arpino, Atina e Vicalvi, tutti centri di confine.
Quando già, dopo la conversione dei Longobardi al cattolicesimo, era in corso il ripopolamento e lo sfruttamento agricolo della zona, iniziarono le incursioni dei Saraceni, che per decenni, sino al 915, percorsero la Media Valle del Liri saccheggiando e distruggendo. Nel 938 seguì l’effimera invasione degli Ungari.
Negli anni intorno al 1000, Arpino è indicata in genere come Erpino (Erpi, Erpinisti, Herpino, talvolta Arpino), ma a partire dal febbraio 1028 frequentemente si attribuisce nei documenti, a questo centro, l’appellativo di civitas, che probabilmente veniva usato per quelle città in cui vi era una particolare presenza religiosa, non necessariamente rappresentata da un vescovo.
In questi anni si realizzano nel distretto di Arpino estesi interventi di organizzazione fondiaria e di colonizzazione ad opera dei Benedettini, attuate attraverso la fondazione o la valorizzazione di piccoli monasteri (cellae). Per i notevoli risultati raggiunti, tale azione si affianca all’importante fenomeno dell’incastellamento e vede i diversi monasteri schierati lungo i più importanti percorsi viari.
Il monastero più antico sembra essere stato quello di San Benedetto de Colle de Insula, testimoniato per la prima volta in un documento del 989, con il quale Teutone, gastaldo di Sora, ne garantiva la concessione in enfiteusi. Con la donazione del 1012 Rainerio, gastaldo di Sora, offriva a Montecassino il luogo definito Colle “de Insula” nei confini di Arpino. La chiesa di San Benedetto fu edificata fra il 1012 e il 1026. In quell’anno, il monaco di Montecassino Ponzio, vi fu inviato per operare una permuta di terreni, assumendone il governo; nel 1037 si cita per la prima volta un monastero, del quale sempre si conferma l’appartenenza al distretto di Arpino. Dal 5 giugno 1038 appare in privilegi imperiali e papali.
Il monastero, già in precedenza ipoteticamente localizzato ad Isola del Liri, si trovava invece sul l’attuale colle “Venditti” (= Benedicti), nei confini di Arpino, a breve distanza dal fiume Fibreno (con la sua insula), dove doveva essere situato il mulino di sua proprietà. La cella monastica era stata edificata lungo la via romana di collegamento fra Sora ed Arpino (via Magnene), a breve distanza dalla chiesa di Santa Restituta di Carnello, documentata dal 1308 – 1310.
Al 1010 – 1011 risalgono i primi documenti relativi alla chiesa con monastero (non più esistente) di San Silvestro, che risulta in seguito dotata di estese proprietà. Essa era situata a sud ovest di Arpino, vicino al Liri, nella valle “de Frassu” (che andava dal guado di San Paolo sino al colle di Arpino). San Silvestro si trovava lungo la via antiqua, cioè la strada romana che da Arpino, superando il ponte di San Paolo, raggiungeva Veroli.
Il terzo monastero è testimoniato come chiesa di Santa Lucia, dall’aprile 1028, in una donazione a Montecassino, fatta dal prete Francone e da Atenolfo, ambedue arpinati. Essa si trovava a ridosso della via antiqua, alle pendici del monte su cui sorge Arpino, all’inizio della valle di Frasso. Anche per questo monastero (citato in privilegi imperiali e papali) compare il nome di Ponzio come preposto e più tardi quello del venerabile domus Sico.
Un quarto monastero, non più esistente, era situato in località Scrinia, nella zona tuttora denominata San Martino. E citato per la prima volta come chiesa nel 1060 e come monastero nel 1097. Ne fu fondatore l’arpinate Gipzone. E menzionato in privilegi imperiali e papali.
Importante, per l’incidenza che avrà sull’urbanistica di Arpino, è poi la chiesa di Sant’Andrea, citata nell’aprile del 1084 in un atto di permuta. La chiesa si trova sull’altura denominata Colle e dal 1249 è ricordato anche il monastero delle Benedettine, attiguo alla chiesa stessa.
Agli inizi dell’XI secolo era Signore di Sora e di Arpino il gastaldo Pietro; nel 1076 risulta Signore di Arpino Landone (sempre della stessa famiglia), figlio di Landone.
In un documento (“Giuramento dei Conti dei Marsi Berardo e Quinizio”), dimostrato dagli storici come falso del monaco cassinese Pietro Diacono, redatto nel periodo 1128 – 1139, ma rispecchiante una situazione certamente precedente perlomeno di alcuni decenni a quella in cui egli scriveva, Arpino è indicata come castrum. Da un documento del tempo dei re normanni (ma la datazione è discussa), Arpino risulta feudo di sette “militi” (appartenenti in genere al ceto nobiliare), mentre Montenero di due militi. Ambedue i centri ed inoltre Fontana appartenevano a Roberto, conte di Caserta.
Nel 1208, Riccardo Conti, fratello del papa Innocenzo III, fu proclamato Conte di Sora e di Arce e questo titolo, a lui confermato nel 1211, comportava il dominio feudale anche su Arpino ed altri paesi. Pochi anni più tardi, però, Ruggiero dell’Aquila, per conto dell’imperatore Federico I!, privò Riccardo della sua Contea, che passò alla famiglia D’Aquino.
Nella cerimonia del 25 aprile 1221, nella quale il papa Onorio III procedette a riunire ed incorporare il monastero di San Domenico a quello di Casamari, risultano presenti i bajuli di Sora e il Castellano di Arpino, in rappresentanza dell’imperatore Federico Il, segno questo della fiducia che l’Imperatore aveva per quest’ultimo e dell’importanza che attribuiva al castrum di Arpino. Il 3 febbraio dell’anno successivo incontriamo nuovamente il Castellano di Arpino, di cui si precisa il nome, Stabilis, in una sentenza riguardante una causa promossa nell’interesse del fisco, per la restituzione di alcuni terreni. La sentenza non è favorevole a Stabile, ma al suo antagonista, Attenulfo de Cantelmo. Il procedimento si svolge nella chiesa di Sant’Arcangelo, alla presenza di milites e di altri boni homines.
In questo periodo, sono già evidenti in Arpino differenziazioni sociali, con la presenza di nobili (Castellanus, milites) e di persone che si distinguevano su un piano economico e di cultura (boni homines).
Nel 1226 risulta ancora Signore di Arpino Landolfo di Aquino. Successivamente, nel periodo che vide la più accesa contrapposizione fra Federico Il e il papato, truppe pontificie, guidate dal Conte di Campagna, occuparono per breve tempo Arpino e Fontana, ben presto però riprese dal partito imperiale.
In un atto di locazione del 1249, rinnovato da Odda, badessa del monastero delle Benedettine, si assiste ad un aspetto della formazione urbanistica del quartiere Colle intorno al cenobio; l’abitato, attraversato da una via publica, presentava uno schieramento continuo di case verso l’esterno, in disposizione concentrica e con funzione certamente difensiva.
Secondo diversi storici locali, Arpino sarebbe stata completamente distrutta nel 1252 dalle truppe di Corrado IV. In particolare, il Pistilli scriveva che la città fu interamente bruciata e che i superstiti si ritirarono e si fortificarono in Montenegro.
Tuttavia, tale fosca descrizione ed il fatto che il castrum di Montenero sia sorto in quella circostanza non reggono ad un esame documentario.
Senza poter entrare in questa sede in particolari analisi, posso rilevare che da documenti del monastero di Sant’Andrea del 1263 (per il quartiere Colle) e del 1269, 1270 e 1277 (per quello della Civita Falconara e per la Civita Vecchia), si ricava l’impressione, per lo meno per le zone considerate, di una situazione di normalità, in cui si svolgevano le consuete attività da parte delle stesse persone.
Si può inoltre notare che il castrum di Montenero risulta già esistente nel 1169 e infine si sottolineano a questo proposito le contraddizioni rilevabili nel Cayro e la precisazione di G.G. Grossi, che nel 1816 così scriveva: “La parte sottoposta della città, la quale fu data alle fiamme dal re Corrado nel 1251” (data inesatta) “fu riedificata dagli Arpinati”. Secondo questo Autore, quindi, solo la parte bassa della città subì gravi danni ed è quanto ritengo anch’io, aggiungendo che dovette essere abbastanza rapida anche la ricostruzione della zona devastata.
Importanti testimonianze ci informano sulla dislocazione urbanistico-difensiva di Arpino. Innanzitutto, con un fondamentale documento del 28 novembre 1269, Carlo I d’Angiò, che già in precedenza aveva stabilito il numero dei castellani e degli inservienti da tenersi in ogni castello della Media Valle del Liri, fissando gli stipendi per ciascuno, dà istruzioni ai Secreti del Principato della Terra di Lavoro e dell’Abruzzo per le riparazioni necessarie ai castelli e per i pagamenti da effettuarsi anche ai cappellani, le cui cappelle non avessero proventi.
Dalle indicazioni ditale atto, risulta che ad Arpino vi erano due castelli, il primo, Castrum Pescli Falconarie, aveva un castellano con otto inservienti; al secondo, castrum Civite Veteris de Arpino erano assegnati un castellano scutifer e sei inservienti. Con un altro documento del 24 gennaio 1270, si disponeva il pagamento di decime a Giacomo, rettore della chiesa di San Nicola, cappella del Pesculum Falconarium de Arpino.
In epoca angioina, Arpino fu assegnata da Carlo I a Rainaldo Gaulard de Pies, consigliere e familiare del re, il quale aveva l’obbligo del servizio di cinque milites compresa la persona del feudatano. Il suo feudo era valutato per 100 once. Il Gaulard nel 1280 sposò Giacoma, figlia ed erede del fu Tommaso d’Aquino. Si rileva, nel 1298, che egli aveva esteso notevolmente i suoi possessi feudali, fra cui erano comprese (oltre al castrum di Arpino) Roccasecca, Gallinaro e San Donato, per i quali assicurava complessivamente 14 milites. Nel 1305 Rainaldo de Gaulard risulta già morto.
Per il matrimonio di sua figlia Filippa con Galeotto Etendard, Arpino (con San Donato e Gallinaro) passò a quest’altra famiglia francese, che dominò anche sul castello di Vicalvi. Nel 1314 Galeotto è ancora citato come Barone di Arpino; in seguito, sua figlia Angela, a sua volta, sposò Giovanni Cantelmo, portandogli in dote i domini feudali della sua famiglia. Pochi anni dopo, nell’anno amministrativo 1320-1321, Arpino risulta soggetta ad una tassazione di 22 once, 21 tarì, 10 grana.
Giovanni Cantelmo, nel 1329, si titolava signore di Arpino, ma nel 1334 il feudo apparteneva alla sola Angela Etendard, evidentemente rimasta vedova. Anche la famiglia dei Cantelmo, che estendeva il suo potere su un largo territorio della Media Valle del Liri (Arpino, Sora, Alvito, Atina, ecc.) era di origine francese.
Per il periodo dal 1249 al 1314 si evidenzia la grande importanza che il Monastero di Sant’Andrea ebbe in questi decenni per le proprietà ed i diritti che gli spettavano ad Arpino e nel territorio. Tali proprietà consistevano in genere in terreni di notevole valore agricolo.
Negli Statuti del 1329 la piazza attigua alla chiesa di Sant’Arcangelo (il vecchio forum romano) appare come il vero centro del paese. Vi si svolgeva il mercato, vi si celebravano le cause, vi si tenevano le assemblee. Nella festività di Sant’Arcangelo vi si teneva una fiera annuale ed i prodotti più venduti erano i tessuti e il frumento. Nell’Arpino medievale gli organismi istituzionali più importanti erano la Curia e l’Universitas (quest’ultima era un organo a carattere comunitario).
Nel 1400 il Signore di Arpino Giacomo Etendard contendeva con Matteo di Celano, Signore di Isola, per il possesso della Torre di Carnello, che però fu riconosciuto a quest’ultimo.
Nel 1409, il re Ladislao soggiornò nel castello del Pesclum Falconarium.
Nel quadro dei contrasti fra gli Aragonesi e Angioini, nel 1429, truppe pontificie, al comando del Patriarca di Alessandria Giovanni Vitelleschi, penetrarono nei confini di Terra di Lavoro, strappando agli Aragonesi Arpino, Atina ed Aquino. Pochi anni dopo, il papa Eugenio IV concesse al cavaliere veneziano Eustachio Grippo diverse Terre, e in primo luogo Arpino, con esse fondando una Contea. Intanto, al conte di Alvito, Niccolò Cantelmo, passava anche la Contea di Sora, che diveniva poi Ducato, per iniziativa del re Alfonso d’Aragona.
Il 18 agosto 1458 Berardo Gaspare di Aquino, marchese di Pescara, chiedeva ed otteneva dal Sovrano la conferma di molti possedimenti in Terra di Lavoro, fra i quali Arpino con la torre di San Domenico. Morto il Re, nello stesso anno, molti Baroni del partito angioino non vollero più ubbidire al figlio illegittimo, Ferdinando I, e fra questi vi era anche Pier Gian Paolo Cantelmo, Duca di Sora e di Alvito, al quale il Re confiscò i possessi feudali, compresa Arpino. L’esercito papalino entrò così nei suoi stati e dopo aver preso Castelluccio ed Isola, investì poi ed espugnò le due rocche arpinati.
E probabile che in queste vicende specialmente il castrum de Civite Veteris abbia subito gravi danni.. Successivamente, nel sec. XVI, risultano ambedue in stato di abbandono.
Nel 1469 il pontefice Sisto IV, con un accordo intervenuto con Ferdinando I, cedeva il Ducato di Sora, la Contea di Arce ed altre Terre, fra cui Arpino, al Re, che doveva però dare quegli Stati in dote ad una sua figlia naturale, concessa a sua volta come moglie a Leonardo della Rovere, nipote del Papa.
Nel 1487 furono approvati i nuovi Statuti, nei quali un grande rilievo veniva dato al pubblico parlamento. Era l’anno in cui Giovanni della Rovere, dopo la congiura dei Baroni contro Ferdinando d’Aragona, per l’intervento di Innocenzo VIII, fu confermato nel Ducato di Sora, che comprendeva anche Arpino.