Vallemaio
Provincia di Frosinone, abitanti 1.162, superficie Kmq 19,53, altitudine m. 320
Abitanti: Vallemaiesi o Vallefreddani
Festa patronale: San Tommaso
Frazioni e Località: –
Comuni limitrofi: Castelforte, Castelnuovo Parano, Coreno Ausonio, Sant’Andrea, San Giorgio a Liri, Sant’Apollinare.
Distanza da Frosinone Km. 61
Autostrada: A1 Cassino.
La Storia
Vallemaio è il recente nome di questo paese che fino al 1932 si chiamava Vallefredda in ossequio al rigido clima invernale; ha cambiato nome per ricordare che sorge alle falde del monte Maio, il più elevato della zona. L’ambiente è alpestre, pur essendo situato a poche centinaia di metri sul livello del mare e con il Tirreno a pochi passi. Il centro storico sorge sopra una piccola collina che si innalza da una fertile conca.
L’abitato è medioevale, anche se il popolamento del territorio risale sicuramente a epoche antiche, e fu edificato dai conti di Suio, ipati di Gaeta. Solamente nel 1040 Vallefredda entrò nell’orbita cassinese ricevendo, nel 1079, una delle prime carte di libertà concesse dagli abati, in cui si garantivano diversi diritti agli abitanti. Rimase soggetto al cenobio sino al termine del Quattrocento quando, pur rimanendo feudo dei monaci, venne sottoposto all’autorità statale e finalmente, con la fine del regime feudale nel 1806, si liberò definitivamente dalla soggezione monastica.
Per tutto il Medioevo e fino alla seconda guerra mondiale se ne tentò la conquista da contendenti diversi. All’inizio dell’XI secolo i vallefreddani si schierarono con i normanni, ma alla fine del secolo Mark vald, condottiero di parte imperiale, li attaccò; nel 1421 Braccio di Montone alla guida di truppe pontificie occupò il paese. Dopo l’unità d’Italia il brigantaggio imperversò nella zona. Durante la seconda guerra mondiale si combatté per diversi mesi sul Maio, ove ancora si trovano le trincee scavate in quella occasione. Qua si totalmente distrutto, il paese ha avuto anche molte vittime civili.
Le rovine della guerra campeggiano ancora nella parte più alta del paese; qui si osservano i resti dell’antica Chiesa di San Tommaso o del Castello: mura mozzate o rase, capitelli, pietre lavorate dai lapicidi, qualcuna con iscrizioni latine. Sono andati persi gli affreschi, l’orologio solare e il pavimento in cotto smaltato mentre alcune opere d’arte sono state sottratte dai tedeschi occupanti. Più in basso, la Chiesa del Rosario è in ricostruzione per farne un centro culturale pubblico (si nota ancora un bel portale cinquecentesco) mentre il paese, pur fortemente danneggiato e profondamente mutato dagli interventi degli ultimi decenni, conserva alcune sembianze dell’antico insediamento: case affastellate che scendono lungo ripide viuzze incontro alle mura castellane, oggi abbassate e ancora circondate da resti di torri circolari, risalenti al ‘400. La chiesa più rilevante di Vallemaio è quella dedicata all’Annunziata, già edificio confraternale e adiacente a un ospedale; interessante la facciata cinquecentesca con un bel portale, datato 1553 e sormontato da un grande oculo lapideo. Non meno pregevole è il trittico cinquecentesco che si eleva sull’altare maggiore: rappresenta appunto l’Annunciazione alla Madonna a cui fanno corona santi venerati localmente. Il pavimento antistante l’altare maggiore è un’opera realizzata con formelle in cotto, le reggiole, policrome e ottagonali con figure umane a mezzo busto (guerrieri con elmi e corazze, donne con acconciature stravaganti), fregi, stemmi, animali, decorazioni realistiche e una lunga iscrizione dedicatoria. Risale anch’esso al XVI secolo. L’ambiente è fortemente condizionato dalla natura che domina incontrastata: si tratta di una zona montana con due larghe valli, l’una prospiciente il piccolo cono del centro storico, l’altra, di Vallaura, destinata all’allevamento e alla coltivazione di grano duro. Il terreno è prevalentemente carsico, eppure vi scorre qualche rio e la folta vegetazione è dominata dalle querce, dal carpino e dal sottobosco tipico della macchia mediterranea. Pochi gli animali selvatici, anche se l’incolto aumenta sempre più.
Attualmente il paese, che ha conosciuto da sempre l’emigrazione (nota è quella dei vallefreddani emigrati a Napoli e specializzati nella macelleria), risente di un forte calo demografico.
Fino a qualche decennio or sono, l’economia era prevalentemente agricola, oggi rimane consistente l’allevamento brado, soprattutto a Vallaura. Parte della popolazione si reca a lavorare nella zona industriale cassinate. Da notare un certo incremento delle attività commerciali.