Il paese e la Leggenda

Cervaro

Il paese e la sua storia

Con gli attuali 6.300 abitanti, su circa 4.000 ettari di superficie variegata, a cinque chilometri a Est di Cassino, nel cuore di quella che fu la Terra Sancti Benedicti, Cervaro gode la sua identità socio-culturale che si è dignitosamente ed onorevolmente conquistata attraverso secoli di storia, blasonata di leggenda, per esaltare le sue mitiche origini, ricondotte perfino ai divini disegni della stirpe di Enea.

Dolcemente adagiata sulle pendici meridionali di Monte Aquilone, Cervaro fruisce di una posizione geotopografica privilegiata. Riparata dai venti settentrionali per mezzo di una spalliera montuosa, si affaccia a Mezzogiorno sulla pianura del Rapido-Garigliano, verso cui discende in morbidi declivi, argentati di ulivi, cosparsi di viti e a tratti ombreggiati di poderose querce.

La zona montana di Cervaro si eleva fino oltre i mille metri, verso il confine con Vallerotonda, Viticuso, Venafro. Tale zona è sul versante meridionale dell’Aquilone, che si innalza a 1270 metri sul livello del mare. La fascia montana inizia a salire dalla località De Piternis, ov’è il celebre Santuario Mariano, ed è caratterizzata da una vegetazione intensa di ulivi, la cui coltura risale ai laboriosi tempi benedettini, fino a perdersi nell’epoche degli Osci, dei Volsci, dei Sanniti, dei Romani.

La zona collinosa si snoda tra le balze di Monte Porchio, dì Chiaia, dì Monte Rachis. Oltre la vite e l’ulivo, vi allignano alberi da frutta, olmi, salici e vi prosperano colture di ortaggi. Famosi furono gli “orti” di Cervaro. Il frumento, oggi poco coltivato, fu risorsa cospicua delle terri cervaresi, nel patrimonio fiorente di San Benedetto: abbondanti erano le messi di grano, granturco, orzo e perfino riso.

La zona pianeggiante si estende verso e oltre la via Casilina, ubertosa di humus, solcata da ruscelli abbondanti di acque refrigeranti e fertili, diretti al Gari o al Rapido. Rio Ascensione e Rio Santo Stefano discendono da Monte Aquilone e attraversano la rigogliosa località La Foresta. Rio Acquacandida discende da Monte Rachis. La denominazione del Rio è eloquente di per sè a designare il ‘candore’ di quelle acque limpide, fresche e salutari. Il Pisciarello è una derivazione dell’Acquacandida e va ad incrementare la turgida portata del Garigliano.

Monte Trocchio è nel territorio cervarese e allegoricamente costituisce un’isola in tutti i sensi, sia dal punto di vista storico-culturale, sia dal punto di vista geotopografico. Con i suoi appena 428 metri di altitudine, pur si eleva maestoso dalla piana del Cassinate, quasi vigile gigante a guardia di un estesissimo territorio, cosparso di innumerevoli paesi che furono muniti roccaforti e castelli, teatro movimentato di avvenimenti e gesta di larga portata nella storia del nostro Mezzogiorno, dall’età volsca e sannita a quella romana, dall’età longobarda alle vicende saracene, sveve, normanne, angioine, borboniche e napoleoniche, per finire con il brigantaggio meridionale e con i dolorosissimi cruenti scontri dell’ultimo conflitto mondiale, che piantò le croci nei cimiteri di guerra a Montelungo, a Montecassino, a Sant’Angelo di Cassino, a Caira, a Venafro.

Il paese e la leggenda

LA LEGGENDA avvolge Cervaro di un alone che sfuma tra il mito e il mistero, come è proprio di quelle cose che, pur renitenti alla certezza storica, nemmeno si sottraggono alla gelosa custodia della memoria collettiva e della tradizione, perché in qualche modo acquistano un valore, un significato, una funzione.

Perciò diciamo che Cervaro fu fondata da Enea, l’eroe leggendario che era fuggito da Troia distrutta, salvando dalle fiamme gli Dei Penati. Dopo varie peripezie, guidato dagli Dei, il Pius Aeneas, devoto al volere divino e rispettoso dei filiali doveri, approdò nel Lazio, dove fonderà Lavinio, in onore della nuova moglie Lavinia. Da questa nuova stirpe di Enea nasceranno Romolo e Remo, fondatori di Roma.

Al suo primo arrivo nel Lazio, in quella parte che corrispondeva alla Campania Felix, Enea da Gaeta si sarebbe addentrato nel territorio, prendendone possesso per la fondazione di molte città, come Ausonia, Esperia, Cassino, Atina, Pignataro, Roccadevandro e Cervaro.

Cervaro non era l’ultima di queste città fondate dai Troiani, in ordine di importanza; anzi doveva essere la più importante, se una leggenda locale vuole che da essa dipendessero Cassino, Venafro e Atina.

Leggendario e fantasioso il nome di Cervaro.

Si narra che una bianca cerva usava risiedere sul colle, che poi sarà denominato Pesculum; sarà questo il sito dell’acropoli e vi sorgerà il Castello medievale. Tutto il territorio, peraltro, era frequentato da cervi. Da qui il nome di Cervaro, cioè terra dei cervi: Cervorum o Cervarum Terra. Ma anche Cervarium Terra, terra di cervari, cioè di cacciatori di cervi.

In qualche documento medievale si trova anche la dizione Corvaru, o Corvarum, il che, se si esclude il pur molto probabile errore di trascrizione, può far pensare ad un toponimo derivante dalla presenza di corvi, che non potevano mancare intorno alle alture rocciose e silvestri di Pesculum.

Ma il nome di Cervaro potrebbe derivare anche da altra “leggendaria” ipotesi: sul colle di Pesculum, in tempi remoti, gli abitanti del posto si sarebbero recati a celebrare i riti sacri alle loro divinità, avendo ivi eretto un tempio primitivo con un altare (ara), che, per essere in zona aspra, cioè acerba, sarebbe stato chiamato, in successiva epoca e in lingua latina, Acerba-ara. Il nome dell’intera località, e poi dell’abitato e del Comune, da Acerba-ara sarebbe diventato, per corruzione linguistica, Cerbara, e quindi Cervaro.

Ma c’è di più, in fatto di toponomastica.

E’ stato sostenuto, dagli studiosi di cose cervaresi Pantoni, Dell’Ascenza , Coletta, che il dialetto di Cervaro ha parole ed espressioni comuni con il dialetto pugliese, specialmente barese. Questa comunanza linguistica si può spiegare con il fatto che, quando l’Abate di Montecassino Aligerno, nella seconda meta del X secolo, offrì condizioni favorevoli ai contadini del Meridione per ripopolare la Terra di San Benedetto, tra cui Cervaro, vennero qui anche coloni dalle Puglie. Oltre alla comunanza del dialetto, Cervaresi e Pugliesi hanno in comune anche il nome di Cervaro, perché Cervaro si chiamano anche un piccolo fiume e una località della Puglia. E’ certo che, alla venuta dei Pugliesi ai tempi dell’abate Aligerno, Cervaro aveva già questo nome. Semplici coincidenze e omonimia? Una colonia di Pugliesi era stata nelle nostre parti già prima della colonizzazione richiesta dall’abate Aligerno? O invece una colonia di Cervaresi si era spostata verso le Puglie, sì da esportare colà anche il proprio toponimo?

E non sanno di leggenda anche i monti Rachis ed Aquilone?